Codice Prodotto / Stato Titolo Italiano Titolo Orginale
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 All'ultima spiaggia  All'ultima spiaggia
poster Il casting di un reality show centrato sui derelitti, uomini e donne che per motivi diversi sono arrivati all'ultima spiaggia, è l'espediente per raccontare quattro storie di altrettanti candidati che, per convincere gli autori del programma a prenderli, narrano le disavventure che li hanno portati alla suddetta ultima spiaggia. Le quattro storie riguardano un'omosessuale tradita dalla propria compagna con l'ex eterosessuale allo scopo di concepire un figlio, una guardia giurata che decide di rapinare la banca per la quale lavora ma al momento del dunque si trova in competizione con altri rapinatori, anch'essi intenti a rapinare la medesima banca, un marito che scopre nella maniera peggiore che la moglie sudamericana ha girato un film porno e un imprenditore emiliano costretto a subire lo stile di vita napoletano nell'ospedale in cui è ricoverato prima di un intervento al cuore. Sia la struttura ad episodi che la maniera di collegarli, con una situazione al presente a fare da filo conduttore e punto fermo dal quale far partire i diversi racconti in flashback, che infine l'intento di raccontare così gli ultimi e per esteso la "loro" società, non sono nuovi al cinema italiano. Ma ciò che una volta era virtù nata dalle esigenze commerciali di una struttura produttiva opulenta e ingorda, oggi è imitazione di quel modello senza le condizioni, il contesto e gli attori che lo rendevano possibile e sensato. All'ultima spiaggia non riunisce un cast di attori comici ma di comici, cioè di cabarettisti, volti noti per la televisione o anche solo per i monologhi teatrali, diretti da Gianluca Ansanelli, autore televisivo con anch'egli un passato da cabaret. Questa caratteristica è l'inizio e la fine del film, ne costituisce il motore propulsivo e il principale limite, cioè il rifiuto di un vero racconto a favore di sketch (il paragone una volta tanto non è metaforico), più che altro scritti come gag di avanspettacolo e fondati sulla contrapposizione dei più banali opposti (eterosessuale e omosessuale, guardie e ladri, morale e amorale, Nord e Sud). L'umorismo dei singoli (già di suo teatrale o televisivo) è rabbonito e ammansito dalla regia di Ansanelli, incapace di restituire i tempi e le dinamiche comiche dei vari talenti (alcuni dei quali di provata abilità e mestiere), annacquando ogni spunto vagamente pungente. Come gli attori sono in realtà dei comici, così anche il regista è solo un commediante, poichè non padroneggia gli strumenti dell'umorismo filmico ma solo quelli del cabaret in video. Lo dimostrano, ulteriormente, i brevi inserti degli altri aspiranti concorrenti del reality, che raccontano in pochi secondi le loro sventure guardando dritti in macchina e rivolgendosi agli spettatori, replicando di fatto la messa in scena e il rapporto con il pubblico creato dalla consuetudine del cabaret televisivo e non quelli della commedia cinematografica. 
Genere Comico Durata
Regista Gianluca Ansanelli
Attori Dario Bandiera, Aurora Cossio, Alessandro Di Carlo, Carmine Faraco, Antonio Giuliani. Giuseppe Giacobazzi, Ivano Marescotti, Ernesto Mahieux, Nicole Grimaudo, Paola Minaccioni
Paese Italia Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=73807
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 Argo  Argo
poster Nel 1979, in seguito alla fuga negli Stati Uniti dello Scià iraniano Mohammad Reza Pahlavi durante la rivoluzione, l'ambasciata americana di Teheran fu presa d'assalto dai rivoluzionari e i suoi impiegati sequestrati per più di 400 giorni. Sei cittadini statunitensi riuscirono a fuggire di nascosto e trovare rifugio nella residenza dell'ambasciatore canadese, il quale, a proprio rischio e pericolo, concesse clandestinamente ospitalità e supporto. Per riportare in patria i propri connazionali la CIA organizzò una missione di esfiltrazione particolarmente audace, ideata dall'esperto del campo Tony Mendez e coadiuvata da una vera produzione hollywoodiana. Basandosi su una sceneggiatura realmente acquistata dal sindacato sceneggiatori fu data l'illusione a tutti (soprattutto alla stampa, in modo che si producessero articoli in materia) che c'era l'intenzione di girare un film di fantascienza in Iran, così da poter ottenere dal Ministero della cultura iraniano il permesso di entrare ed uscire dal paese e, nel fare questo, poter portare via i sei ospiti dell'ambasciatore canadese spacciandoli per maestranze del film. Il titolo del finto film in questione era Argo. Sulle basi di questa vera storia Ben Affleck orchestra un film che forza la realtà dei fatti quanto serve per creare tensione e suspense ma non manca mai di rimarcare gli elementi di veridicità e di confinare in maniera netta le licenze cinematografiche. Il risultato è un'opera di sorprendente solidità, animata da un'etica di ferro e capace di muoversi attraverso i tre registri principali del cinema, amalgamandoli con l'invisibile maestria di un veterano del cinema. Nonostante sia solo al suo terzo film da regista Ben Affleck si conferma uno degli autori giovani più interessanti in assoluto, capace di fondere l'azione da cinema di guerra della prima parte con la commedia hollywoodiana della seconda e infine la tensione del dramma storico della terza. Un viaggio tra diversi toni in cui l'unica costante è il regista stesso, che incarna il protagonista Tony Mendez con una recitazione minimalista e pacata, esplorando tutte le declinazioni di un'infinita malinconia di sguardo che fa il paio con il rigore morale profuso nel raccontare la sua storia. In questo straordinario esempio di modernità cinematografica c'è tutta l'esperienza del cinema politico, teso e aggressivo della Hollywood degli anni '70, unita ad uno stile fluido ed invisibile, ad un gusto post-Mad Men per la precisa ricostruzione dei diversi costumi della società di qualche decennio fa e ad una capacità non comune di lavorare sul dettaglio della messa in scena. Ben Affleck alza ancora l'asticella e non si accontenta più (come per Gone Baby Gone e The Town) di prendere un buon soggetto e girare con gusto e abilità un'ottima sceneggiatura ma, pur mantenendo tutto il riguardo del caso verso l'intrattenimento del proprio pubblico di riferimento, orchestra il suo racconto in modo che anche le parti più piccole, i ruoli comprimari o alcune parole pesino come macigni e siano in grado, con uno sguardo o un dettaglio, di fare il lavoro del cinema più serio e audace: stimolare nello spettatore correlazioni tra i fatti e i personaggi narrati e l'attualità, ovvero la storia della politica estera americana antecedente e soprattutto successiva al 1979. 
Genere Drammatico Durata 120
Regista Ben Affleck
Attori Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Victor Garber. Tate Donovan, Clea Duvall, Scoot McNairy, Rory Cochrane, Christopher Denham, Kerry Bishé, Bob Gunton, Tom Lenk, Keith Szarabajka, Christopher Stanley, Barry Livingston, Chris Messina, Michael Parks, Richard Kind, Zeljko Ivanek, Philip Baker Hall, Michael Cassidy, Taylor Schilling, Kyle Chandler, Cas Anvar, Adrienne Barbeau, Titus Welliver
Paese USA Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=72205
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 Bunraku  Bunraku
poster In un mondo senza armi, un misterioso girovago (Josh Hartnett), un samurai e un giovane barista (Woody Harrelson) complottano vendetta contro un leader spietato (Ron Perlman) e il suo esercito di delinquenti, guidati da nove diversi e mortali assassini. Questo film visivamente sorprendente è pieno di sequenze d'azione con univoche coreografie formate da un nuovo stile che fonde l'est e l'ovest e la vecchia scuola con la nuova. Il film è interpretato anche da Demi Moore. 
Genere Azione Durata 108
Regista Guy Moshe
Attori Josh Hartnett, Demi Moore, Woody Harrelson, Ron Perlman, Kevin McKidd. Gackt, Shun Sugata, Jordi Mollà, Emily Kaiho, Mark Ivanir, Samuli Vauramo, Fernando Chien, Aaron Toney, Shahar Sorek, Yoshio Iizuka, Holland Diaz, Maxim Esterkin, Gabriel Spahiu, Kofi Yiadom, Razvan Gheorghiu, Vali Rupita, Florian Ciprian
Paese USA Anno 2010
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=56792
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 Code Name: Geronimo  Seal Team 6: The Raid on Osama Bin Laden
poster I fatti, i protagonisti e le azioni che hanno portato alla storica cattura di Osama Bin Laden da parte dell'esercito statunitense nel 2011. Dopo aver ricevuto una soffiata su alcuni possibili nascondigli di Bin Laden, la CIA ordina a una squadra di Navy Seals di iniziare ad addestrarsi mentre vengono raccolte più informazioni e accertata la presenza del numero uno di Al Qaeda nei posti indicati. Durante l'addestramento emergono contrasti e difficoltà nel team che dovranno essere superate nel momento in cui viene dato il via libera all'operazione Geronimo. A poco più di un anno dagli eventi Code name: Geronimo ricostruisce la storia per renderla narrazione, filtra la realtà attraverso la lente del realismo e la trasfigura in mito assecondando i valori, le idee e le forzature di una sola delle parti in causa. Code Name: Geronimo è la materializzazione della storia fatta dai vincitori, una ricostruzione parziale e patriottica che separa i buoni dai cattivi, il giusto dallo sbagliato, l'americano dallo straniero, pretendendo di raccontare i fatti per come si sono svolti ma di fatto mettendo in scena la propaganda epica nazionalista. Non stupisce che tutto questo sia fatto in un tv movie (che in Italia esce al cinema), girato con il supporto, i mezzi e la consulenza dell'esercito, dalla messa in scena indistinguibile dall'equivalente propaganda videoludica. Le immagini riprese dalle videocamere sopra i caschi dei soldati in Code name: Geronimo sono sovrapponibili a quelle (identiche per taglio, movimento e composizione) dei videogiochi sparatutto in prima persona, le simulazioni militari molte delle quali, al pari di molti film, sono oggetti di propaganda e strumenti di reclutamento. Film e videoludica tendono così verso il medesimo immaginario, la medesima ricostruzione mediatica della guerra, tra visori notturni, soggettive che sembrano dal punto di vista di un fucile e demonizzazione di un nemico che non muore mai. Finito il film e ucciso Bin Laden, la grafica mostra Al Zawahiri, il nuovo capo di Al Qaeda, ancora in libertà, sempre in Pakistan, nuovo nemico di una lotta perpetua. Ma anche tralasciando la propaganda smaccata, lo stesso il film di John Stockwell (che con il sottovalutato Turistas aveva dimostrato ben altre qualità) manca l'appuntamento con il mito, quello vero, quello epico, perchè eccede nella pornografia della ricostruzione militare. La genesi dell'operazione, la burocrazia degli uffici e le lunghe esercitazioni dei soldati, tutto sembra prendere il posto di una trama o un intreccio propriamente detti (elementi relegati a pochi momenti) nel nome di una ricostruzione realistica che più falsa non può essere poichè inevitabilmente di parte, come dimostra l'enfasi con la quale è sottolineata la premura impiegata dai soldati nel mettere in salvo con la cura di una nonnina amorevole fino all'ultima donna e ultimo bambino, prima di fiondarsi su Osama Bin Laden. 
Genere Azione Durata 90
Regista John Stockwell
Attori Kathleen Robertson, Cam Gigandet, Anson Mount, Xzibit, Robert Knepper
Paese USA Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=74076
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 Dream House  Dream House
poster Will Atenton è un editor di successo che decide di lasciare il proprio lavoro per dedicarsi alla famiglia e scrivere un libro. Lui, la moglie Libby e le loro due bambine sono andati a vivere in una casa in una cittadina del New England. Quella che sembra essere l'abitazione sognata si rivela progressivamente come il luogo in cui, in un recente passato, una madre è stata uccisa con le sue due figliolette. All'epoca il padre fu riconosciuto colpevole del delitto. Will si mette in allarme anche perché intorno all'edificio si verificano movimenti sospetti. Chi avesse letto il nome di Jim Sheridan come regista di questo film e fosse stato attratto dal desiderio di vedere l'ultima opera del regista di tanti apprezzabili film può benissimo evitarsi Dream House. Perché tali e tanti rimaneggiamenti sono stati realizzati dalla produzione contro il volere del regista che costui ha disconosciuto l'opera, anche se non gli è stato possibile cancellare il suo nome dai credits. L'operazione compiuta dalla Morgan Creek's non è piaciuta neppure ai due protagonisti principali Daniel Craig e Rachel Weisz che si sono rifiutati di promuovere il film. Dimostrando di avere consapevolezza del fatto che un prodotto cinematografico necessita (nel bene e nel male) di uno sguardo complessivo frutto delle intenzioni del regista senza manipolazioni ulteriori dettate dagli esiti delle preview. In questo caso il segno che si suppone Sheridan volesse lasciare nell'affrontare uno script, ormai logorato dalle troppe versioni inevitabilmente simili, si è perso. Resta un film la cui monotona prevedibilità è illuminata come un lampo solitario da una sorpresa (che il trailer made in Usa stupidamente rivela) salvo poi ripiombare nel grigiore del già troppe volte visto. Unica nota positiva: Craig e Weisz si sono innamorati sul set e successivamente sposati. Positiva sì, ma solo per loro. 
Genere Thriller Durata
Regista Jim Sheridan
Attori Naomi Watts, Daniel Craig, Rachel Weisz, Joe Pingue, Mark Wilson. Gregory Smith, Elias Koteas, Marton Csokas, Taylor Geare, Claire Geare, Rachel Fox, Jane Alexander (I), Brian Murray, Bernadette Quigley, Sarah Gadon, David Huband, Martin Roach, Jean Yoon, Lynne Griffin, Jonathan Potts, Marlee Otto
Paese USA Anno 2011
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=61840
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 È stato il figlio  È stato il figlio
poster Busu è un vecchio signore a cui piace raccontare storie. Seduto nell'ufficio postale della sua città intrattiene gli avventori, qualcuno appassionato, troppi distratti. Più di tutti ama riferire l'avventura e la sventura della famiglia Ciraulo, colpita al cuore da un lutto. Nicola, il capofamiglia, recupera ferrame dalle navi in disarmo in compagnia del vecchio padre e del figlio. Dentro una casa modesta lo aspettano ogni sera la madre, la moglie e l'adorata Serenella che un proiettile vagante, esploso durante un regolamento di conti, uccide tragicamente. Inconsolabile, Nicola ritrova improvvisamente senso e speranza inseguendo la possibilità di un risarcimento, legittimo riconoscimento dello Stato alle vittime della mafia. Tra debiti e ingorghi burocratici, i Ciraulo provano a immaginare quale desiderio potrebbe appagare la loro 'fame' atavica. Liquidati finalmente decidono intorno al tavolo di investire il capitale ormai ridotto in un'automobile, la più bella che si sia mai vista in città. Ma quella Mercedes, 'presidenziale', luccicante e benedetta con acqua santa e segno della croce, finirà per diventare il simbolo della tracotanza e di una violazione che gli 'dei' non mancheranno di punire. Ispirato dalle pagine di Roberto Alajmo, Daniele Ciprì torna al cinema senza Franco ma con Maresco. Senza l'amico ma col coAutore. L'insostenibile crudeltà dei ragazzi terribili di Cinico Tv, che seduceva l'occhio mentre pervertiva i cardini del comune senso del pudore estetico, nel cinema 'scompagnato' di Ciprì è moderata nella forma ma inalterata nel soggetto. Riconfermando l'universo espressivo e la radicalità etnico-linguistica e governando l'esasperazione estetica e lo spirito avant-garde, il regista palermitano declina al passato una tragedia moderna intorno all'uomo agito solo dalla sua volontà di godimento, senza limiti, senza vincoli. Il Nicola di Toni Servillo incarna un'umanità squassata, sgretolata, irriducibilmente comico-tragica, che desidera un appagamento immediato, assoluto, privo di ancoraggi simbolici e destinato a condannare la propria prole. Nel film di Ciprì, superbamente interpretato da attori professionisti e maschere reali, ogni inquadratura arriva quasi a tradimento, come una fitta lancinante, svolgendo una tragedia familiare dentro una realtà prima grottesca e poi disperatamente tragica. La famiglia Ciraulo ha violato la legge divina e immutabile, si è macchiata di tracotanza, riempiendo il dolore della perdita con un bene materiale, destinato a influenzare in maniera negativa il loro presente. Ambientato nella periferia di Palermo, ma girato a Brindisi, È stato il figlio è una storia che ne racconta un'altra, scandita dal susseguirsi dei numeri luminosi di un ufficio postale, dove un sordomuto 'coi pugni in tasca' ascolta un uomo svolgere il suo dramma dentro periferie desolate, cieli incupiti, soli spenti, deserti di solitudine. Frammenti sparsi che riferiscono di una dissoluzione sociale, esistenziale ma soprattutto antropologica, che spappola l'identità, liberando il lato selvaggio e disintegrando la figura umana. Più ciechi di Tiresia, donna e uomo, vecchio e bambina di faccia a edifici ghiacciati in una fissità lunare, i Ciraulo si nutrono di una notte senza fine imponendo, attraverso la nonna Rosa di Aurora Quattrocchi, la propria legge sopra la norma sociale. E quello che avviene dentro poi accade fuori, i personaggi finiscono inghiottiti dal paesaggio urbano, partecipi della sua distruzione e della sua residualità: una macchina corrosa dalla ruggine, relitto informe di un bisogno paranoico di benessere. 
Genere Drammatico Durata 90
Regista Daniele Ciprì
Attori Toni Servillo, Giselda Volodi, Aurora Quattrocchi, Benedetto Ranelli, Alfredo Castro. Fabrizio Falco, Pier Giorgio Bellocchio, Giuseppe Vitale [II], Piero Misuraca, Giacomo Civiletti, Alessia Zammitti
Paese Italia Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=72791
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 Gladiatori di Roma 3D  Gladiatori di Roma 3D
poster Timo, un orfanello scampato alla storica eruzione di Pompei, viene salvato da un gladiatore che lo porta con sé a Roma, lo accoglie nella sua famiglia e cerca di instradarlo all'arte del combattimento nella sua rinomata "accademia" per gladiatori. Ma Timo tutto è tranne che un combattente coraggioso. Impacciato a dir poco, goffo, molliccio, indolente, sembra non avere nessuna passione che lo motivi nella vita quotidiana, se non l'amore per Lucilla, la sorellastra, unica figlia del padre adottivo. Appena tornata dalla Grecia - da una "vacanza-studio" come la chiameremmo oggi - dove è andata a studiare filosofia, la ragazzina che è ormai già donna, seduce chiunque incroci il suo sguardo. Ma come in ogni fiaba che si rispetti il principe azzurro, il promesso sposo, deve essere il bello e il ricco di turno. Caso vuole che il rivale di Timo, Il gradasso e belloccio Cassio, sia il gladiatore più forte di Roma, nonché il figlio dell'imperatore Domiziano. Nozze perfette. Da copione fiabesco però la "principessa" non ne è innamorata. Il lieto fine è chiaramente scritto già dalle prime scene. E tutto ricorda l'iniziazione, con tanto di prove e di sfide, che l'eroe dovrà superare per conquistare l'amata. Il made-in-Italy Gladiatori di Roma (regia di Iginio Straffi, per lo studio di animazione Rainbow, quello delle Winx) non è un capolavoro né un film che resterà memorabile come lo fu Shrek nell'aprire la pista ad un vero e proprio sottogenere d'animazione. Certo il film si vuole inserire in quella stessa filiazione, anche se resta decisamente meno stratificato nei sottotesti. Però diverte, e non solo il pubblico più giovane. I dialoghi non sono esilaranti, però qualche battuta riesce a strappare una risata anche ai più grandi. I personaggi non hanno lo spessore di un Ciuchino o di una principessa Fiona, rimasti ormai nella storia, però ti coinvolgono. Fra tutti spicca la nonna-strega (anche questa non può mancare in una fiaba che si rispetti), dal forte accento partenopeo, che dispensa pozioni magiche per trasformare i gladiatori in combattenti invincibili. Non c'è un sottotesto complesso, anche se le riattualizzazioni ai nostri tempi (in questo tipo di animazione in genere più argute) sono gradite: globalizzazione, marketing one-to-one; così come le musiche rivisitate che giocano con la memoria spettatoriale (certo non quella dei più piccoli) mischiando i riferimenti: gladiatori di Roma marciano con la colonna sonora di Rambo. La morale è subito lì, perché sia evidente anche ai più piccoli: barare non porta a nulla, semmai rischi di perdere le uniche cose a cui tieni. E ciò che ami te lo devi conquistare a forza di dure prove. Il film finisce con uno scontro finale all'interno del Colosseo romano fra Timo e un Cassio, trasformato dalla pozione della strega in un animale terrificante; quasi una tauromachia in cui l'uomo vincerà per la sua intelligenza e non per i suoi muscoli. D'altronde la maglietta del duro allenamento di Timo con la personal trainer Diana (dea della caccia in persona) recitava : COGITO. Dunque mettici la testa e ti guadagnerai il lieto fine. Forse per ritrovare l'incanto del cinema bisogna rientrare in una sala affollata di bambini con occhialetti 3D, pronti a reagire al film come una volta gli ingenui spettatori all'arrivo del treno dei Lumière. 
Genere Animazione Durata 95
Regista Iginio Straffi
Attori Luca Argentero, Laura Chiatti, Belen Rodriguez
Paese Italia Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=72578
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 Gli equilibristi  Gli equilibristi
poster Sui titoli di testa un amplesso clandestino, consumato in un archivio praticamente deserto, apre il film e introduce la trama. Per quel tradimento infatti si sfalda la famiglia al centro del racconto. Lui, impiegato del comune con 1.200Euro mensili, si trova a dover mantenere se stesso e la moglie che vive con i due figli. La situazione si fa di mese in mese sempre meno sostenibile e per non intaccare dignità e orgoglio con mancati pagamenti, a rimetterci è la qualità della vita che scende sempre di più fino ai limiti della tolleranza. Quello che Ivano De Matteo fa compiere al suo protagonista è un viaggio dal benessere piccolo borghese fino alla povertà, intesa non solo come mancanza di denaro ma anche come perdita di umanità. Tutto avviene intorno alla maschera di Valerio Mastandrea, perfetta rappresentazione del tragicomico, attore di straordinario talento per la commedia e sguardo segnato da un'endemica e perenne tristezza. E su questi due registri si muove il film stesso, inizialmente appoggiato all'ironia del personaggio e del paesaggio (composto dall'umanità popolare romana) e con il procedere sempre più rassegnato al tragico. Il tono leggero e la possibilità di sdrammatizzare sono infatti caratteristiche che la storia volontariamente perde sempre di più a mano a mano che scema l'umanità stessa del suo protagonista, come se l'uno si accompagnasse all'altra. Senza far nulla per nasconderlo, Gli equilibristi cerca di costruire il suo percorso di disidratazione economica e umana sul modello aureo di Umberto D., di cui riprende alcuni elementi nel finale e la più generale idea di un personaggio in bilico tra necessità e dignità. De Matteo, che ha anche scritto il film assieme alla moglie Valentina Ferlan, appare tuttavia innamorato della tragicità della propria storia, più che dedito a raccontare un mondo e le sue difficoltà. Lo sguardo su una vita apparentemente tranquilla, in un sistema in cui la dignità pare un diritto e invece è un lusso facilissimo da perdere, sembra quello di un aguzzino più che di un narratore. Come se non bastassero le difficoltà oggettive, il regista aggiunge amarezze soggettive (come l'ambientazione natalizia) e ad infierire sull'impoverimento materiale sceglie inequivocabilmente di accompagnarne uno umano e affettivo ancora più drastico. Il problema quindi non pare il ritratto di una realtà dura e difficile (quello è un dovere), quanto l'averlo fatto senza adesione. Tanto che pure il pietismo estremo del finale risulta improvviso e stonato. 
Genere Drammatico Durata 100
Regista Ivano De Matteo
Attori Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova, Rosabell Laurenti Sellers, Grazia Schiavo. Antonio Gerardi, Antonella Attili, Stefano Masciolini, Giorgio Gobbi, Francesca Antonelli, Damir Todorovic, Antonio Tallura, Daniele La Leggia, Pierluigi Misasi, Paola Tiziana Cruciani, Lupo De Matteo, Maurizio Casagrande, Rolando Ravello
Paese Italia Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=74355
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 I bambini di Cold Rock  The Tall Man
poster Ex cittadina mineraria nella zona nordoccidentale del Pacifico, Cold Rock è abitata da una comunità sconvolta dalle inspiegabili sparizioni dei suoi bambini, svaniti nell'aria senza lasciare la minima traccia. Per alcuni, colpevole delle scomparse sarebbe un non meglio identificato "uomo alto", tremenda figura che qualcuno giura di aver visto nel bosco al tramonto. Julia Danning, una risoluta infermiera che fa il possibile per tenere uniti i cittadini terrorizzati, reputa la storia una superstizione fino a quando, una sera, non assisterà al rapimento di suo figlio. Primo film girato in inglese dal francese Pascal Laugier, I bambini di Cold Rock è uno di quei classici titoli che si negano a chiunque voglia stiparli in una categoria precisa. Poco importa, del resto, se questo pregevole esercizio di attese e disattese sia un thriller mascherato da horror oppure un dramma che usa un apparato più nero del solito. Ad interessare, piuttosto, dovrebbero essere la viva capacità di rivoluzionare - più e più volte - racconto e punto di vista, la precisione nel descrivere il decadimento della piccola città e, non ultima, l'intelligenza nell'omaggiare un cinema del passato che il regista dimostra di amare e di non voler tradire. Più che di un solo film o di un autore in particolare (Saint Ange, ad esempio, era un dichiarato omaggio al mondo di Lucio Fulci), si mescolano insieme suggestioni cinematografiche diversissime tra loro in ideali dissolvenze incrociate rette da un senso dello spettacolo che trascende l'assillo cinefilo e il gioco della citazione. Siamo di fronte ad un progetto a lungo inseguito - la prima sceneggiatura risale al 2005 - da cui emerge la maturità di Laugier, vispo illustratore di un quadro in cui naturale e sovrannaturale finiscono col neutralizzarsi a vicenda per lasciare il posto ad un'inattesa chiosa sociale. Interessante e varia anche nell'uso dell'apparato scenografico, con buoni picchi di suspense alternati ad azzeccati spostamenti action, la scrittura registica incontra un inconveniente non da poco nella scelta di Jessica Biel (anche produttrice esecutiva), attrice già di suo non eccelsa e qui totalmente schiacciata dal peso di un personaggio complesso e sfaccettato che dovrebbe reggere su di sé l'intera operazione. Chi ha liquidato il precedente e oltraggioso Martyrs come un lavoro di bassa macelleria può trovare abbastanza materiale per riformulare il proprio giudizio sul cineasta francese in questa pellicola di cui è difficile parlare senza dare fastidiosi spoiler. 
Genere Thriller Durata
Regista Pascal Laugier
Attori Jessica Biel, Stephen McHattie, Jodelle Ferland, William B. Davis, Samantha Ferris. Katherine Ramdeen, Colleen Wheeler, Teach Grant, Eve Harlow, Janet Wright, Kyle Harrison Breitkopf, G. Michael Gray
Paese USA Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=62843
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 Il comandante e la cicogna  Il comandante e la cicogna
poster Leo Buonvento è padre premuroso di due adolescenti e vedovo di una consorte in bikini con cui si intrattiene in dialoghi immaginari. Idraulico efficiente, come le caldaie dei suoi clienti la sua vita fa acqua (fredda) da tutte le parti. Diana è una giovane donna insicura col talento dell'arte e la mancanza di 'talenti'. Incalzata da un singolare padrone di casa, cerca i soldi per l'affitto, un committente illuminato e le parole per dire i suoi diritti. Amanzio, sensibilizzatore urbano col vizio dell'esproprio proletario e della merce scaduta, ha lasciato dieci anni prima il lavoro e adesso vive di espedienti, aforismi e affitto, quello sofferto da Diana. Elia, figlio di Leo, è un adolescente introverso, perso dietro domande esistenziali e una cicogna capricciosa in volo su Torino. E a Torino si incroceranno vite e affanni dei protagonisti, commentati dall'alto dal rammarico di Garibaldi, dalla riprovazione di Leonardo, dalle note di Verdi e dalle rime di Leopardi. Se l'Italia di Marco Bellocchio è profondamente 'addormentata' e in attesa di un risveglio, quella di Silvio Soldini è liricamente 'perduta' come nel libretto di Solera e nella musica di Verdi, che accompagnano il peregrinare fiaccato di cittadini tristemente incantati su se stessi. Inseguendo il grottesco romantico di Pane e tulipani, Soldini converte ancora una volta il caso in occasione e lascia interagire spazi urbani e corpi attoriali in carne e bronzo. Perché attore è pure la statua equestre di Garibaldi sfidata dal marmo inquinato (e poi decollato) del cavalier Cazzaniga, 'incarnazione' del disagio della nazionalità, della decostruzione ideologica e del vizio a trasformare la storia del passato in politica del presente. Sospeso tra realtà e caroselli fiabeschi, Il comandante e la cicogna prova a ricomporre le due anime di un autore che ha merito di (di)versificare lo stile, raccontando di fenomenologie del disagio e praticando la leggerezza e il sorriso. Impossibile sembra invece a Soldini la ricomposizione delle due anime nazionali, quella che coltiva la cultura della memoria alla maniera del padre di Valerio Mastandrea, che elabora e supera il lutto della consorte mantenendone acceso il ricordo su cui fonda la consapevolezza dell'unità familiare, e quella che ne fa scempio come l'avvocato Malaffano di Luca Zingaretti, spia imparruccata di una deficienza costituzionale congenita della cultura politica italiana. E tra i buoni e i cattivi padri della nazione, Soldini inserisce i miti politici (e culturali) collettivi senza i quali non può esserci quell'identità storica che fa dell'appartenenza nazionale una scelta democratica quotidiana, la stessa su cui si arrovella il bronzo di Garibaldi tuonando con la voce di Pierfrancesco Favino. "Membranza cara e fatal", canta a mezza voce il monumento di Verdi a cui, rivolto alla "graziosa luna", replica il busto di Leopardi noverando le "passate cose" che consentono all'uomo continuità e immaginazione. E a chi vuole delegittimare il passato sulla base delle proprie necessità politiche, il fato recide la testa ricorrendo a oggetti magici (il gancio di un braccio meccanico) che all'occorrenza applicano la giustizia o provocano incontri (un polpo in lana cotta, una scatola di rane surgelate). Attraverso uno stile consapevolmente naïf e amabilmente posticcio, dichiarato dalla parrucca nera di Alba Rohrwacher e dal ciglio bianco di Mastandrea, la fiaba di Soldini si perde e si ritrova, mirata dalla cicogna del titolo. Pietosa osservatrice e catalizzatrice di relazioni affettive, Agostina si eleva sopra Torino, agli uomini di bronzo esemplari e a quelli di carne immobili. A volare alto poi è Mastandrea, icona di un borgatarismo astratto anche quando recita con inflessione napoletana. In una manciata di minuti, interpretando sensi e segni annidati negli ideogrammi di un nome cinese, si guadagna il Paradiso del cinema italiano. 
Genere Commedia Durata 108
Regista Silvio Soldini
Attori Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Claudia Gerini, Luca Zingaretti. Maria Paiato, Michele Maganza, Shi Yang, Luca Dirodi, Serena Pinto, Giselda Volodi, Giuseppe Cederna, Fausto Russo Alesi
Paese Italia, Svizzera, Francia Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=73620
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 Iron Sky - Saranno nazi vostri  Iron Sky
poster 2018. Sulla faccia oscura della Luna, sin dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, si è installata una colonia di nazisti che ora sono quasi pronti per invadere la Terra. Manca però un elemento che garantisca l'energia necessaria. Questo viene trovato grazie alla missione inviata sul satellite lunare dalla Presidente degli Stati Uniti in cerca di rielezione. A bordo del LEM c'è un astronauta di colore, James Washington, che ha con sé un cellulare. La sua cattura fornisce al rampante ufficiale Klaus Adler l'occasione giusta. Andrà sulla Terra a cercare la tecnologia necessaria per l'attacco e poi diventerà il Fuhrer con potere assoluto. Lo sconosciuto regista finlandese Timo Vuorensola (che si era già fatto le ossa con un lungo video parodia della saga di Star Trek) raggiunge le sale con questo suo primo lungometraggio e fa centro al primo colpo. Realizzato grazie a una coraggiosa formula produttiva che ha visto i fan del progetto partecipare ai finanziamenti, il film non ha nessuno dei difetti dei prodotti a basso costo anche sul piano degli effetti speciali. L'energia che i nazisti cercano per conquistare la Terra il film la trova nell'ironia dissacrante che non risparmia niente e nessuno. Non rinuncia a un irridente omaggio all'amato Star Trek ma ci immerge in un'atmosfera che sembra creata dal Tim Burton di Mars Attacks! e che, al contempo, rimanda al John Landis dei tempi d'oro quando nulla e nessuno sfuggiva agli strali del creatore di Animal House. Perché se qui i nazisti sono 'cattivi' come da cliché e si dotano di un'arma letale che viene chiamata wagnerianamente "Götterdämmerung" gli americani non scherzano. Hanno una presidente alla Sarah Palin pronta a tutto e la sua responsabile dell'immagine non le è certo da meno. Non è un film che possa piacere al Tea Party questo di Vuorensola anche perché mostra come i più velenosi concetti nazisti possano camuffarsi in formule populistiche che di democratico non conservano più nulla. Dal nero albinizzato al Fuhrer ormai in disarmo di Udo Kier passando per una suffragetta del Quarto Reich passibile di redenzione, il film non concede un attimo di pausa. Che si tratti di azione oppure di argute citazioni cinefile (impagabile la sequenza del mappamondo da Il grande dittatore di Chaplin spacciata per i rampolli nazi come un cortometraggio glorificante Hitler) Vuorensola mostra come si possa citare (vedi anche alcune scenografie alla Brazil) senza per questo mancare di originalità. 
Genere Azione Durata 93
Regista Timo Vuorensola
Attori Julia Dietze, Gotz Otto, Christopher Kirby, Tilo Prückner, Stephanie Paul. Peta Sergeant, Udo Kier, Kym Jackson, Alexander Beck, Marvin Davis, Nick Dong-Sik, Samir Fuchs, Monika Gossmann, Martin Grelis, Tom Hoßbach
Paese Finlandia, Germania, Gran Bretagna Anno 2010
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=59305
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 Le belve  Savages
poster Ben e Chon sono due amici per la pelle che condividono tutto, dall’amore per la bella Ophelia – detta O - all’attività di coltivatori e spacciatori della miglior marijuana della California del Sud. È stato Chon, ex marine, a riportare i primi semi dall’Afghanistan, poi è venuto Ben, botanico e buddista, che ne ha fatto un prodotto sopraffino, buono per far dollari così come per alleviare il dolore dei malati terminali. La vita scorre dunque idilliaca per il fortunato trio e i loro amici, finché un brutale cartello di trafficanti messicani non decide di fare affari con loro, che lo vogliano o meno. Non c’è dubbio che una delle cose che riescono meglio a Oliver Stone sia il ritratto di uno o più personaggi che s’invischiano in qualcosa di più grande di loro: solo laddove c’è una frontiera che altri non valicherebbero, sconsigliata e inopportuna, i suoi film vibrano più di altri; il coraggio, che all’inizio può essere tanto provocazione quanto reale ardimento, si fa a quel punto materia di vita o di morte e il film diventa una strada da percorrere fino in fondo, piena di svolte imprevedibili e dissestata quanto basta per tenere alta l’adrenalina. Tutti ingredienti che non mancano certo a Le belve , ambientato a cavallo della frontiera delle frontiere, e che ne fanno uno spettacolo cinematografico assolutamente efficace, complice l’estetica acida che lo permea da cima a fondo e, pur con qualche eccesso di maniera, ben racconta il clima da paradiso perduto e da avventura folle e schizzata. C’è, però, anche un ma. Se da un lato, infatti, il regista insiste sul contrasto tra la leggerezza di una fazione e la ferocia dell’altra, tra il sole a picco sulla terrazza da sogno, da una parte, e il buio delle cantine delle torture, dall’altra, il titolo raccoglie sotto il suo ombrello sia gli uni che gli altri, il giudizio è programmaticamente bandito (perché in fondo siamo tutti dei dannati, chi più e chi meno, e il peggiore è probabilmente chi sta nel mezzo, come il personaggio di Travolta) e di questo passo il discorso di Stone finisce per farsi confuso e spesso ambiguo. Come ambiguo, al limite della truffa ai danni dello spettatore, è l’espediente del raddoppiamento finale, che accettiamo solo e soltanto perché le parole iniziali di Ophelia sono pensate per fungere da avvertimento. Come non accadeva nel suo cinema da un po’ di tempo a questa parte, inoltre, la violenza di Savages è massima, oltre che sfortunatamente plausibile, cosa che lo allontana dall’essere un prodotto per tutti i gusti ma lo riporta ad un cinema probabilmente più consono alle migliori potenzialità di Oliver Stone. Un cinema duro, di bravi interpreti, dentro ruoli di non comune sfaccettatura. 
Genere Thriller Durata 131
Regista Oliver Stone
Attori Blake Lively, John Travolta, Aaron Johnson, Salma Hayek, Emile Hirsch. Benicio Del Toro, Taylor Kitsch, Joel David Moore, Mia Maestro, Demiàn Bichir
Paese USA Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=62076
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 Magic Mike  Magic Mike
poster Mike sa cosa significa darsi da fare lavorando. Si occupa di sistemazione di tetti, di auto e anche di mobili dalla fattura originale. Tutto ciò di giorno perché di notte diventa Magic Mike che, nel Club Xquisite fa lo stripper per la gioia di signore e signorine eccitate e divertite. Più costoro spendono più la soddisfazione di Dallas, anche lui stripper ma proprietario del locale, sale. Mike conosce un diciannovenne (che lui denomina The Kid) in cui vede le qualità necessarie per la professione e decide di insegnargli come stare sul palcoscenico e guadagnare soldi facili. Il ragazzo ha una sorella, Brooke, altrettanto giovane a cui non piace per nulla ciò che il fratello sta facendo. Brooke però interessa a Mike in un modo molto diverso rispetto alle ragazze con cui ha rapporti occasionali. Con l'eclettismo ad alto livello che contraddistingue il suo fare cinema Steven Soderbergh coglie al balzo l'occasione offertagli da Channing Tatum (che a suo tempo è stato uno stripper) per tornare a realizzare un film dall'impianto più tradizionale rispetto alle sue ultime opere. Non si tratta di un'opera che si rifà alla realtà (perché, come afferma lo sceneggiatore Reid Carolin, "se avessimo messo in scena ciò che è accaduto realmente nessuno ci avrebbe creduto"). Soderbergh fa ruotare tutto attorno a una battuta di Mike: "È Magic Mike che ti sta parlando adesso? Io non sono il mio stile di vita". Riflette cioè su quanto sia possibile e fino a che punto ci si possa spingere nel pretendere di separare ciò che si fa da ciò che si è. Mike è un 'bravo ragazzo americano' convinto che l'American Dream, se ancora esiste, vada perseguito con l'impegno quotidiano. L'agitare i propri attributi virili sul corpo di donne e ragazze che vanno ad ammirare fisici scultorei e sanno che non si andrà oltre (perlomeno non dinanzi a tutti) è per lui un modo per tentare di consolidare il proprio posto nella società. Nulla di più. Ma quando decide di fare da mentore del diciannovenne The Kid è costretto ad accorgersi che quella che si è raccontato sino ad allora è una bugia ben costruita che non regge al confronto con la realtà. A costringerlo a confrontarsi con i dati di fatto è lo sguardo pulito di Brooke che ha invece ben chiari i limiti che non vanno superati se non si vuole perdere se stessi. In un'America in crisi economica come quasi tutto il mondo Soderbergh utilizza, senza fare del facile moralismo, un mondo border line in cui ciò che inevitabilmente finisce con l'essere messo a nudo non sono le natiche dei perfomer ma ciò che hanno nell'intimo. 
Genere Commedia Durata 110
Regista Steven Soderbergh
Attori Channing Tatum, Alex Pettyfer, Matthew McConaughey, Cody Horn, Joe Manganiello. Olivia Munn, Matthew Bomer, Riley Keough, Kevin Nash, Adam Rodriguez, Gabriel Iglesias, James Martin Kelly, Camryn Grimes, Denise Vasi, Kate Easton, Reid Carolin, Avery Camp, George A. Sack, Micaela Johnson, Asher Wallis
Paese USA Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=72879
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 ParaNorman  Paranorman
poster Norman è un bambino introverso e appassionato di horror che fatica a fare amicizie, in questo di certo non lo aiuta il fatto di essere l'unico del suo paese a vedere i fantasmi. Tutti i trapassati che hanno ancora questioni irrisolte sulla Terra gli appaiono e gli parlano, costantemente, nonna inclusa. In più da qualche tempo è preda di visioni che sembrano catapultarlo nel passato. Per questo motivo gli altri lo credono un po' scemo, nonostante il piccolo paese in cui vive secoli prima sia stato teatro di diversi roghi di streghe e ancora se ne vanta come fosse un'attrazione turistica. Tutto cambierà quando un suo zio ritenuto matto gli comunicherà poco prima di morire che ora tocca a lui tenere lontani, ogni anno, i morti viventi e la maledizione di una delle streghe bruciate secoli prima. Come accade per i grandi capolavori, nei primi minuti di racconto di ParaNorman c'è già tutto il senso di quel che verrà. Norman è intento a guardare un filmaccio horror di serie B all'italiana in tv (la cui fotografia sarà il punto di riferimento visivo del film) mentre la nonna (fantasma) sostiene che "è inutile che urlino e scappino quando basterebbe parlare, ma del resto se parlassero sarebbe un altro genere di film". Allo stesso modo non è altro genere se non un horror (comico) anche ParaNorman, cartone in stop motion che sa essere parte del cinema nel senso più ampio del termine e non della sola categoria dell'animazione. Anche in ParaNorman non si parla con i morti viventi ma si corre da e verso di loro per tutti i 92 minuti indiavolati in cui Chris Butler racconta la sua storia con una tempra morale di ferro, passione per i luoghi comuni dell'horror e capacità di mostrare con una sola battuta il ridicolo che si cela dietro ogni figura. La soluzione sarà tutta nelle parole ma non potrà che arrivare alla fine, altrimenti sarebbe un altro genere di film. Con un equilibrio mostruosamente perfetto tra tradizione e modernità, tra titolistica anni '50, Mario Bava (nella prima parte) e l'horror giapponese (nella seconda), ParaNorman si rivolge ai bambini amanti dello spavento e li tratta come veri adulti, facendoli ridere delle assurdità del mondo che li circonda (adulti, genitori e bulli) ed eccitare con l'esplorazione delle immagini e situazioni più spaventose. Sebbene in scala ridotta e per spettatori più piccoli ParaNorman fa quello che è il lavoro dell'horror: indagare le fobie del suo pubblico per sovvertire l'ordine che solitamente regna nel cinema o nelle storie edificanti. Butler infatti riesce nell'impresa di tradurre per l'immaginario di un bambino e rendere coerente in una commedia animata, alcuni dei più grandi momenti del cinema horror, senza cedere nemmeno un passo di fronte alla loro potenza. Il tormento delle visioni, le apparizioni nei bagni della scuola, la visita nella casa piena di scheletri e il confronto con lo spirito sono tutte sequenze serissime di un film capace di deridere tutto e tutti per mostrare che un altro mondo è possibile. L'eroe è un outsider che scopre come l'origine della paura di tutti quanti sia un'altra "diversa" come lui, mentre cheerleader, genitori o atleti di football si dimostrano capaci di prendere le decisioni peggiori perchè, al contrario di Norman, sono preda della paura ma non della volontà di capire. A capo di questo gioiello di cinema e di racconto animato l'esordiente Chris Butler fa la figura del maestro. Già storyboard artist per Henry Selick (il genio dietro Nightmare before Christmas, La sposa cadavere e Coraline) Butler dimostra oltre ogni ragionevole dubbio di aver imparato dal maestro, oltre all'arte dell'animazione stop motion, anche le possibilità espressive legate all'esplorazione dell'universo della paura infantile. 
Genere Animazione Durata
Regista Chris Butler
Attori Leslie Mann, Anna Kendrick, John Goodman, Casey Affleck, Jodelle Ferland. Kodi Smit-McPhee, Bernard Hill, Elaine Stritch, Jeff Garlin, Christopher Mintz-Plasse, Tempestt Bledsoe, Tucker Albrizzi
Paese USA Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=73481
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 Skyfall  Skyfall
poster In missione a Istanbul per conto della Regina, della Patria e di M, James Bond deve recuperare un file prezioso che contiene i nomi degli agenti infiltrati del MI6. Finito nelle mani di un killer professionista, Bond lo insegue cadendo sotto i colpi del fuoco amico. Precipitato e disperso dentro una cascata, Bond viene dichiarato morto e compianto in un formale necrologio. A redigerlo è M, che lo ha sacrificato senza riuscire a recuperare il maltolto. Pubblicate su internet le identità degli agenti operativi, M è chiamata a rispondere della questione e della sua gestione davanti al governo britannico che vorrebbe le sue dimissioni. Bond, intanto, sopravvissuto alla ‘caduta’ e alla inoperosità, è richiamato a Londra e al dovere da un attentato gravissimo alla sede del MI6. L’obiettivo è M, il criminale è Silva, un ex agente ‘venduto’ e torturato che ha coltivato la vendetta e adesso chiede il conto al suo ex direttore. Figli putativi della stessa M(adre), Bond e Silva si confronteranno a colpi di pistola, fino a esplodere o a implodere il loro passato. Dopo essere caduto dal cielo e dopo essersi rialzato dal fondo, James Bond si accomoda davanti a un quadro di William Turner, esposto con orgoglio alla National Gallery, perché quel dipinto rappresenta “La Valorosa Témériere” rimorchiata lungo il Tamigi e destinata alla demolizione. Una combattente temeraria che ha vinto la tracotanza di Napoleone e adesso scivola adagio verso il tramonto. Il suo e quello dell’epoca che l’ha vista eroica. Nella fruizione museale di Bond c’è l’essenza, il senso e il valore di Skyfall, ventitreesimo film della serie diretto da Sam Mendes, che riazzera il personaggio fino a ‘ucciderlo’, rifondando l’archetipo e avviandone biografia e serialità autoriali. Se con Martin Campbell Bond ricominciava dal doppio zero, con Mendes riparte da zero e da una mestizia, una sensazione densa di pena, affetto e responsabilità, derivata dalla vulnerabilità di M, ‘madre’ ideale e onnipotente minacciata da un figliolo tutt’altro che prodigo. Il cattivo di Javier Bardem, doppio oscuro di Bond e nemesi filiale di M, è l’ennesimo megalomane della saga che pratica il delirio gettando l’ordine tranquillo del mondo nell’angoscia. Nella testa e dietro lo sguardo di Mendes, quel mondo e quell’angoscia si fanno assolutamente personali, convertendo il conflitto internazionale in un dramma ‘familiare’. Il corpo materno di M, fonte aspra di insegnamenti e conflitti per Bond, viene sconvolto da una minaccia abnorme e traumatica che occupa abusivamente la scena di un legame storico, professionale, emotivo, affettivo. La vita di M è letteralmente nelle mani dell’agente di Fleming, la cui incolumità pone a Bond il problema delle sue radici, della sua provenienza e dell’impossibilità che possano costituire un terreno solido, sicuro e al riparo dall’imprevedibilità della vita. È a questo punto che il regista inglese introduce un discorso sulla tradizione, sugli echi, sul ‘marchio’, che mentre celebra i cinquant’anni di vita cinematografica di Bond produce una separazione irreversibile col passato, mai riducibile per Mendes a meri citazionismo e collezionismo. Per questa ragione l’Aston Martin DB5 argentata e armata di Sean Connery, infila di nuovo la strada e l’avventura, trattenendo romanticamente l’aura dei Bond che furono, simbolizzando una discendenza con l’agente di Daniel Craig, dando corpo (e motore) a una memoria collettiva. Antropomorfizzata, l’Aston Martin partecipa al destino di Bond e di M contro un villain ossigenato e incapace di guarire. Si chiudono invece le cicatrici di Bond, che lascia andare e si libera perché altrimenti sarebbe impossibile continuare. Quietati lutti, ombre e fantasmi, James Bond emerge dalla staticità iconica e dall’immodificabilità del passato, smantellando le spoglie epiche dell’oggetto perduto e reintegrando, rinnovati, Q e Miss Moneypenny. Al Silva superbamente eccentrico e decentrato di Bardem, agente di un mondo che non c’è più e da cui dipende patologicamente, non resta che la nevrosi e l’irriconoscenza del debito simbolico con M, vecchia e valorosa ammiraglia destinata alla ‘rimozione’. La trasmissione, nel Bond di Mendes, si realizza sullo scarto, sul resto di corpo, di carne, sull’oggetto museale (quadro o automobile). Perché in quel residuo c’è ancora tantissima vita da accogliere e perseverare dentro un’altra segretissima missione. Dentro al corpo, ieri pesante, oggi bolla di leggerezza, di Daniel Craig. 
Genere Azione Durata 143
Regista Sam Mendes
Attori Daniel Craig, Judi Dench, Javier Bardem, Ralph Fiennes, Naomie Harris. Berenice Marlohe, Ben Whishaw, Albert Finney, Rory Kinnear, Ola Rapace, Tonia Sotiropoulou, Helen McCrory
Paese USA, Gran Bretagna Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=71249
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 Taken 2 - La vendetta  Taken 2
poster Ex uomo della CIA, Bryan Mills è obiettivo della vendetta di un gruppo di criminali albanesi, imparentati con i rapitori uccisi per sua mano nella liberazione della figlia Kim qualche tempo addietro. Quella che poteva essere una rilassante vacanza ad Istanbul, per l'esperto agente in pensione, per l'ex-moglie Lenore e per la risoluta figlia, si trasformerà in una nuova caduta nell'incubo tra scontri a mani nude, pallottole, bombe, sevizie e corse in automobile per i vicoli della città turca. Attore capacissimo col difetto di accettare troppi ruoli, Liam Neeson torna a vestire i panni del padre premuroso e dotato di un “particolare set di competenze” per far soffrire chiunque provi a minacciargli gli affetti nel sequel del (troppo) fortunato Io vi troverò. La formula rimane pressapoco la stessa del titolo del 2004 – sebbene qui la violenza sia un po' più smussata – così come la faccia tosta nell'ostentare una grossolanità che può divertire i fan di certo cinema americano anni Ottanta quanto irritare tutti gli altri. Storia di vendetta al quadrato basata su un programmatico schematismo, quasi si trattasse di un cartone animato per spettatori adulti, non fornisce alcuna deviazione rispetto ad una successione chiarissima già dall'inizio. Qualche tocco ironico, soprattutto nel descrivere la gelosia di un padre verso la figlia fidanzata ad un ragazzo dai lineamenti puliti, e un interprete capace non salvano di certo la pellicola da una prevedibilità rotta solo dall'uso espressivo della macchina da presa nelle sequenze d'inseguimento in macchina o negli scontri corpo a corpo. Se la dinamica filmica funziona – sia sufficiente notare l'articolazione dei diversi piani di ripresa, i tagli improvvisi, le velocità differenti impiegate nelle scene action più spinte –, a latitare è l'interesse verso una vicenda capace di muoversi solo attraverso il meccanismo di azione/reazione. Anomalo a partire dalla sua apolidità, dopotutto si tratta di una produzione francese che fa di tutto per sembrare americana, Taken 2 – La vendetta è ancora una volta un film sulla famiglia, vista come nucleo sacro e da proteggere sopra ogni cosa (differentemente dal primo capitolo, qui, anche l'ex moglie Lenore è un personaggio positivo e ben disposto a rinsaldare l'unità della coppia). Sotto alla sommaria descrizione dei cattivi, capitanati da un distratto Rade Šerbedžija, non è difficile leggere una più che fastidiosa vena xenofoba. Impegnato nella produzione, in coppia con Michael Mandaville, e nella stesura della sceneggiatura, insieme a Robert Mark Kamen, l'eclettico Luc Besson conferma di non badare tanto per il sottile, soprattutto quando si tratta di lasciare la regia ad altri, in questo caso ad Olivier Megaton, uomo di fiducia della factory già firmatario di Transporter 3, Colombiana e Exit. 
Genere Azione Durata
Regista Olivier Megaton
Attori Liam Neeson, Maggie Grace, Famke Janssen, Rade Serbedzija, Leland Orser. Luke Grimes, Aclan Bates, Laura Bryce
Paese Francia Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=74987
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 Total Recall - Atto di forza  Total Recall
poster Doug Quaid è un operaio della Colonia, che ogni giorno viaggia attraverso il nucleo della terra verso l'Unione Federale Britannica, dove collabora alla costruzione degli automi che riempiono le fila della polizia federale. Di notte, invece, gli incubi non gli danno tregua. Per questo, nonostante la vicinanza della bella moglie e l'amicizia di qualche collega, una sera Doug si convince di aver bisogno di qualcosa di più e di meglio e si presenta nella sede della Rekall, azienda che impianta ricordi fittizi. Vorrebbe farsi "un viaggio" da spia, ma qualcosa va storto perché risulta possedere già dei ricordi da spia, che combaciano con i suoi incubi. È la sua vita quotidiana, allora, che gli appare improvvisamente come falsa e pericolosa. Remake del film di Verhoeven con Arnold Schwarzenegger che fece epoca al momento dell'uscita, l'Atto di Forza di Wiseman si allontana ancora di più dal racconto di Philip Dick che diede lo spunto all'originale (We Can Remember It For You Wholesale) e si configura piuttosto come un epigono della trilogia di Jason Bourne, a metà tra thriller psicologico e action che si avvia e si esaurisce nell'unico movimento dell'inseguimento. Se il primo tempo lascia ben sperare e non è privo di qualche buona idea riguardo all'architettura del mondo futuristico immaginato, questa speranza si disintegra presto contro un muro di ovvietà, la fantasia si spegne dentro un'indigestione di computer graphica e non si conta più un'idea originale che sia una (meno che mai nella rappresentazione della Resistenza). Colin Farrell non è senza perché, credibile tanto nella caratterizzazione sociale che in quell'aspirare ad un trasgressivo superamento del confine stabilito, in virtù di ruoli precedentemente interpretati e attraversati dalla stessa inquietudine, ma non basta certo a tenere in piedi un film troppo povero, che spreca imperdonabilmente un budget troppo ricco. La tematica del falso ricordo e dell'impossibilità di discernere tra illusione e verità, che in Dick è sinonimo tanto di paranoia quanto di pietà, perché metafora della condizione umana nel suo tragico complesso, qui non è che un espediente narrativo che si consuma in fretta, senza mai sfiorare la mente né il cuore dello spettatore. 
Genere Azione Durata 121
Regista Len Wiseman
Attori Colin Farrell, Kate Beckinsale, Jessica Biel, Bryan Cranston, John Cho. Bill Nighy, Bokeem Woodbine, Will Yun Lee, Currie Graham, Steve Byers, Denise Vasquez, Stephon Fuller, Warren Belle, Sarah Marshall, Brooks Darnell, Michael Therriault, Stephen MacDonald, Filip Watermann, Jesse Bond
Paese USA Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=59085
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 Vicini del terzo tipo  The Watch
poster Dopo il barbaro assassinio del custode del superstore in cui lavora, Evan decide di mettere in piedi un servizio di vigilanza dei cittadini di Glenview, piccola cittadina dell'Ohio in cui vive. Gli unici a unirsi a lui sono i tre stralunati Bob, Frankin e Jamarcus, uomini più o meno cresciuti che cercano più che altro divertimento e qualcuno con cui passare le serate. Alla fine il gruppo si trova a confrontarsi con un qualcosa molto più spaventoso delle loro possibilità: un'invasione aliena. Tra malintesi, gags involontarie e minacce più che serie, i quattro maldestri diventano loro malgrado l'ultima difesa contro la conquista del pianeta. The Watch - questo il titolo originale di Vicini del terzo tipo - dimostra purtroppo come in alcune circostanze molti ingredienti saporiti non sempre alla fine si trasformano in un piatto gustoso. Gli elementi per una commedia esilarante c'erano tutti: uno spunto di partenza potenzialmente esplosivo; un regista proveniente dal più acclamato degli show comici, il Saturday Night Live. Un trio di attori pienamente affermato nel genere come Ben Stiller, Vince Vaughn e Jonah Hill, più un altro emergente e geniale come Richard Ayoade. Tutto questo però come anticipato non basta a far sì che il film trovi una sua vera e propria dimensione comica. Il primo problema è una sceneggiatura eccessivamente verbosa, che si dedica eccessivamente alla ricerca di scene ad effetto dove gli attori possono costruire situazioni e gags adatte ai dettami comici contemporanei, e tralascia quasi totalmente la costruzione di una storia spigliata e incisiva. Messa in scena e montaggio poi non contribuiscono a trovare il ritmo giusto per la narrazione, e così Vicini del terzo tipo stenta a decollare, trascinandosi fino a una conclusione che pur funzionale non innalza però più di tanto il livello di efficacia del prodotto. Imbottigliati in ruoli non particolarmente originali né scritti con il brio di altre commedie di questo tipo, Stiller, Vaugh e Hill non riescono a regalare al pubblico il meglio delle loro capacità di intrattenitori leggeri. Leggermente meglio riesce a fare Richard Ayoade grazie al suo british touch e al suo tono sempre vagamente surreale. Peccato poi sprecare un talento attoriale importante come quello di Rosemarie DeWitt in un ruolo di puro contorno. Il cinema comico americano di cassetta sa fare molto peggio di Vicini del terzo tipo, ma anche decisamente meglio. Passato attraverso molte riscritture di sceneggiatura e diversi registi, il film sembra non avere un centro ben preciso né un'idea specifica su cosa vuole essere, se un film di fantascienza o una commedia ridanciana. Nel tentativo di cercare di mescolare il tutto, perde una sua fisionomia precisa. Rimane l'intrattenimento superficiale, ma con questo materiale a disposizione era lecito aspettarsi molto di più: un piccolo film con un soggetto simile come l'inglese Attack the Block, regalava agli spettatori una variazione sul tema di ben altra efficacia. 
Genere Commedia Durata 102
Regista Akiva Schaffer
Attori Ben Stiller, Vince Vaughn, Jonah Hill, Richard Ayoade, Rosemarie DeWitt. Will Forte, Mel Rodriguez, Doug Jones, Erin Moriarty, Nicholas Braun, R. Lee Ermey, Joe Nunez, Liz Cackowski, Johnny Pemberton, Sharon Gee, Eric Goins
Paese USA Anno 2012
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=71004

Nuovi Arrivi: Created on 02/03/2013

Totale Nuovi Arrivi: 18 movies