Codice Prodotto / Stato Titolo Italiano Titolo Orginale
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 3 Generations - Una famiglia quasi perfetta  About Ray
poster "Vorrei essere un ragazzo". Ramona ha 16 e nessun dubbio: da quando ha 4 anni sa di essere un maschio dentro al corpo di una femmina. Per questo si fa chiamare Ray, indossa abiti maschili e gira per le strade di New York in skateboard. Sua madre, separata da tempo, ha acconsentito alla cura ormonale che la trasformerà definitivamente in maschio, ma per ottenere il permesso serve anche la firma del padre, da anni assente dalla vita famigliare. Nel frattempo la nonna lesbica non comprende il bisogno di una mutazione fisiologica della ragazza. Per lei, combattente degli anni '70, "si è come ci si sente". Più che disfunzionale si tratta di una famiglia totalmente confusa. Quella di Ramona/Ray, mamma Maggie e nonna Dolly - con compagna Frances aggiunta - è infatti una piramide generazionale ad alto rischio di implosione al femminile. Forse è anche per questo che la figlia si percepisce maschio fin dalla tenera età: non assomigliare alle donne che l'hanno generata può essere la sua àncora di salvezza. Non a caso la giovane Ramona/Ray prende in mano la situazione e s'impone al presunto padre per conquistare la firma necessaria all'assunzione del testosterone. Un gesto da uomo a uomo, un gesto - in realtà - tenerissimo. È il segnale dello sguardo materno che governa il racconto, ovvero quello della regista Gaby Dellal alle prese con la "materia" di questo film a diversi anni. Assumendo la giusta distanza con dei personaggi alquanto problematici, riesce attraverso il family drama a edificare una comunità metonimica alle istanze proclamate nei periodi a cui appartengono i diversi personaggi. Ramona/Ray è dunque figlia/o di visioni di mondo successive e disarmoniche, ma - incarnando l'era di un rinnovato neopositivismo ove tutto diventa possibile - trasforma se stessa a servizio della ricerca di un'identita perduta. Almeno dalla madre. Ed è bello l'uso che la ragazza fa dei dispositivi tecnologici per assemblare l'archivio di una "memoria futura", di quando sarà un uomo. Film smaccatamente sulla ridefinizione della ricerca (e scoperta) dell'identità, 3 Generations risente non poco l'urgenza dell'affermazione tematica rispetto alla cura del linguaggio, ed impatta nello spettatore soprattutto grazie al talento di tre splendide interpreti, su cui spicca la performance della giovane Elle Fanning nei panni di Ramona/Ray. 
Genere Drammatico Durata 87
Regista Gaby Dellal
Attori Naomi Watts, Susan Sarandon, Elle Fanning, Linda Emond, Tate Donovan. Sam Trammell, Maria Dizzia, Jason Erik Zacek, Tessa Albertson, Jordan Carlos
Paese USA Anno 2015
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=84170
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 Animali fantastici e dove trovarli  Fantastic Beasts and Where To Find Them
poster Il giovane magizoologo Newt Scamander arriva a New York dall'Inghilterra con una valigia piena delle creature fantastiche che ha raccolto e salvato in molti anni di viaggi e ricerche. Senza volere, scambia però il prezioso carico con quello di Jacob Kowalski, pasticcere e No-Mag (è il nome americano dei Babbani), il quale libera inavvertitamente le creature, violando lo Statuto di Segretezza e mettendo Newt nei guai. È il 1926 e il Paese è in grande subbuglio: l'oscuro Gellert Grindewalt è introvabile, qualcosa di misterioso semina caos e distruzione per le strade della città e i fondamentalisti della caccia alle streghe sono sempre più infervorati. Il mondo magico e quello dei No-Mag sono pericolosamente vicini ad entrare in guerra. Bisogna essere creature un po' magiche, com'è J. K. Rowling, per far saltar fuori da un bestiario di poche pagine, pensato come testo scolastico per i giovani allievi di Hogwarts, una pentalogia che, stando almeno al primo capitolo, non ha nulla del calco della saga potteriana ma soltanto una magnifica continuità di visione e di felicità d'invenzione. In questo quadro, David Yates non ha, però, un ruolo minore: la sua frequentazione dell'universo magico della scrittrice ne ha fatto probabilmente il miglior traduttore in circolazione per il cinema, specie degli episodi più scuri e perturbanti, com'è questo, nei quali dimostra ancora una volta di saper equilibrare con sapienza la necessità di non edulcorare il tema e l'eleganza di non indulgere nell'orrorifico per vezzo. Denso di citazioni interne e di indizi che faranno incuriosire i fan, così come di allusioni a personaggi storici (Deliverance Dane) e persino di reminiscenze e atmosfere di sapore prettamente cinematografico, Animali Fantastici e Dove Trovarli non è per questo un film chiuso ai nuovi arrivati. Al contrario. E non potrebbe essere diversamente: in primo luogo perché, proprio come Newt, siamo tutti nuovi al mondo che incontra e agli amici che si farà (non più un trio ma un quartetto, adulto, altrettanto riuscito) e, secondariamente, perché il film è, nel suo tema, un invito a ripensare proprio i pregiudizi e la clandestinità, e a non temere la diversità. Non solo Newt si stupisce che gli Stati Uniti non prevedano, come fa già l'Europa, matrimoni misti tra Maghi e No-Mag, ma soprattutto il film racconta, nel suo cuore più dark e potente, quali terribili conseguenze può avere punire qualcuno per quello che è, quale forza folle e traumatica può scatenare in un bambino il sentirsi rifiutato, non accettato, non amato. Scamander, che salva le creature che terrorizzano chi non le conosce, le nutre e la protegge, e soprattutto si adopera per insegnare ad altri maghi come prendersi cura di loro, ha l'animo del giovane maestro illuminato, che sa che bisogna mettersi ad altezza di bambino, giocare con lui, parlare il suo linguaggio. Non è un caso, dunque, che al pronunciare la parola "scuola", lui, Tina e Queenie sospirino di nostalgia. Questo sarà anche un film per un pubblico più adulto, ma non per chi non ha almeno un po' di nostalgia per quel tempo, l'infanzia, in cui non c'erano barriere tra le pareti di casa e il mondo degli amici e degli animali immaginari. 
Genere Fantasy Durata 133
Regista David Yates
Attori Ezra Miller, Eddie Redmayne, Colin Farrell, Ron Perlman, Jon Voight. Samantha Morton, Gemma Chan, Katherine Waterston, Carmen Ejogo, Dan Fogler, Christine Marzano, Lasco Atkins, Alison Sudol, Peter Breitmayer, Jenn Murray, Lucie Pohl, Jason Newell
Paese Gran Bretagna, USA, Palestina Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=80184
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 Animali notturni  Nocturnal Animals
poster Questo film è disponibile in versione digitale, scopri il miglior prezzo: TROVASTREAMING Susan Morrow, proprietaria di una prestigiosa galleria d'arte, riceve un manoscritto dal marito da cui la separano diciannove anni e un rimosso che emerge prepotente dalle pagine del suo romanzo. Un thriller che avanza nell'orizzonte piatto del Texas e dentro una notte mai così nera e profonda. Una notte che cattura Susan e la inchioda al suo letto, dietro gli occhiali e una vita di apparenze. Perché Susan molti anni prima ha divorziato crudelmente da Edward per sposare Walker, che non sopporta i fallimenti e la tradisce sulla East Coast, perché Susan vive una vita che scivola abulica sulla superficie delle opere che espone. Ma niente ora è più reale di quelle pagine che consuma con gli occhi, svolge col cuore, riorganizza nella testa, risalendo il tempo e la storia del suo matrimonio. Thriller coniugale nella cornice dell'arte contemporanea e critica 'con delitto' alla dittatura delle apparenze, Animali notturni è una parabola crudele sul matrimonio. Un matrimonio rigettato sul volto di una donna che porta a coscienza il dolore inflitto al coniuge. Un ex marito che trova la sua vendetta sulla pagina, mediando con l'arte il lutto e la perdita. Se l'arte 'messa in scena' da Susan è icona di se stessa, priva di un significato intrinseco e ridotta a macchina per formalizzare il dissenso e produrre pseudo-filosofie e pseudo-estetiche, quella praticata da Edward ricompone un disagio e lo cura, trovando al materiale grezzo e lavico dell'esperienza patita una nuova organizzazione testuale. Consegnando al genere, quello del thriller, la propria traiettoria esistenziale, protagonista e autore trasformano i fatti in arte-fatti e sperimentano la mediazione calcolata del linguaggio letterario (Edward) e cinematografico (Ford). Alla maniera di Edward, Tom Ford sublima la dimensione informe dell'esperienza nel miracolo di un'opera che dissimula l'orrore lungo le linee chiare, dentro la fluida successione dei piani e nell'eleganza serica della sua protagonista. Come Edward, ancora, il regista orchestra il suo thriller nero con la meticolosità di un couturier, cucendo col delitto e l'illusione romantica un'indagine che stana i colpevoli e ridistribuisce carte e ruoli in un'altalena di rette e scarti che passano tutti per un 'centro' di vista. Lo sguardo di Susan che procede a ritroso dietro un paio di occhiali Tom Ford, deragliando il film sul reale e su un'America fabbrica di mostri. Di quella società la sequenza flesh and trash di apertura restituisce la misura disturbante, l'eccedenza, la pornografia e l'estremo limite di plasticità di una forma vivente. Ma la sfigurazione si regola rapidamente nella figurazione: all'esibizione progressiva della carne subentra la trasfigurazione di un'esperienza privata che genera orientamenti di partecipazione e scoraggia il fruitore voyeuristico. Nella forbice, che scivola sul tessuto narrativo, si definisce Tom Ford, imperatore del marketing di lusso, re di uno chic esuberante che sa quando togliere un accessorio, smorzare un rossetto e incrementare il suo capitale di empatia dopo A Single Man, il suo primo bijou di emozione. Creatore di moda e di forme, capace di sviluppare un universo coerente sullo schermo come sulla passerella, i suoi film si rivelano nei dettagli, evocando la rigida geometria hitchcockiana, celebrando la costruzione tesissima della sua opera e rimettendosi a un cinema sensibile alla qualità plastica delle immagini e alla maschera femminile, in cui si annida una crudeltà animale. Adattamento del noir postmoderno di Austin Wright ("Tony & Susan") e vertigine di scrittura che allaccia autore e lettore, Animali Notturni inghiotte Amy Adams nel racconto incorniciato e produce nel racconto maggiore il suo doppio omicida. La vendetta è servita con un rapimento notturno che avvia un'inchiesta e la ricostruzione esistenziale di un uomo dolente nascosto dietro al quadro professionale. A sua volta Susan, sfinge infinitamente (tra)vestita, si interroga sulla natura di Edward, narratore che si fa eroe di un libro e di una forza altra, romantica, creativa, performativa e incompatibile con la sua tendenza a intellettualizzare tutto per evitare di passare all'azione, organizzando la sua esistenza su un principio di sopravvivenza perfettamente egoista. E perfettamente abbigliato. Un altro modo in fondo di lottare contro la propria mediocrità. Il modo à la mode di Tom Ford. 
Genere Thriller Durata 115
Regista Tom Ford
Attori Amy Adams, Jake Gyllenhaal, Michael Shannon, Aaron Taylor-Johnson, Isla Fisher. Karl Glusman, Armie Hammer, Laura Linney, Andrea Riseborough, Michael Sheen, India Menuez, Toni French, Ellie Bamber, Amanda Fields, Carson Nicely, Lee Benton, Kim Basinger, Kristin Bauer van Straten
Paese USA Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=85397
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 Blood Father  Blood Father
poster Questo film è disponibile in versione digitale, scopri il miglior prezzo: TROVASTREAMING Dopo che il fidanzato la inguaia per aver rubato una fortuna al cartello del narcotraffico, la diciottenne Lydia è costretta a darsi alla fuga trovando un solo alleato: il padre John, un motociclista ubriacone, tossicodipendente e fuorilegge. Determinato a proteggere la figlia da ogni male, John per una volta in vita sua farà la cosa giusta. Le riprese si sono tenute in New Mexico. 
Genere Azione Durata 88
Regista Jean-François Richet
Attori Mel Gibson, Erin Moriarty, Diego Luna, Michael Parks, William H. Macy. Miguel Sandoval, Dale Dickey, Richard Cabral, Daniel Moncada, Ryan Dorsey
Paese USA, Francia Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=82602
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 Doctor Strange  Doctor Strange
poster Questo film è disponibile in versione digitale, scopri il miglior prezzo: TROVASTREAMING Stephen Strange è un neurochirurgo dal talento straordinario e dall'ego smisurato. Incapace di accontentarsi di salvare delle singole vite, ambisce a qualcosa che vada oltre e che rivoluzioni la medicina conosciuta. Dopo un grave incidente d'auto perde l'uso delle terminazioni nervose delle mani e quindi la possibilità di intraprendere il proprio lavoro. Strange non accetta la sua nuova condizione e si spinge fino in Nepal in cerca di una cura misteriosa. A Katmandu scoprirà dei segreti che vanno ben oltre quelli spiegabili con la sola scienza. Premere sul pedale dell'acceleratore porta con sé delle conseguenze: metafora che vale per il dottore Stephen Strange, mentre sfreccia al volante della sua Lamborghini Huracán, così come per la Marvel, alle prese con la gestione del suo multi-sfaccettato MCU (Marvel Cinematic Universe). Quando la necessità è di stupire continuamente, presto o tardi si raggiunge il livello di saturazione, quello in cui vengono pizzicati i confini del ridicolo. Per la Marvel il rischio si è fatto concreto, specie in una "fase tre" - caratterizzata dalla guerra civile tra Vendicatori - che si è da subito dimostrata complicata, per la potenza di fuoco messa in gioco e per la difficoltà nel gestire il continuum globale, mantenendo le necessità stilistiche e narrative di ogni singolo lungometraggio. In questo senso la genesi di un nuovo eroe è il toccasana di cui la Marvel aveva bisogno. Specie di un soggetto complicato e dai poteri immensi, benché "minore" come fama all'interno della cosmogonia della Casa delle Idee. Ma Strange con sé porta anche molti rischi sul piano narrativo: la complicazione di mantenere un'estetica tra psichedelia, misticismo e new age, ad alto rischio di eccesso kitsch e la necessità di conciliare queste esigenze con una genesi tradizionale. La nascita di un nuovo supereroe è gestita da Scott Derrickson (Sinister, The Exorcism of Emily Rose) con un approccio tradizionale riguardo al periodo "pre" - la parabola classica sui limiti della razionalità, obbligata a lasciare il posto alla fede - e un'accelerazione improvvisa degli eventi dopo che Strange raggiunge il Nepal. Derrickson affronta di petto la visionarietà del personaggio e delle sfide che deve affrontare, sfruttando al massimo i colori e le forme di universi e "multiversi", come solo il digitale spinto fino ai livelli odierni può garantire. Il film di Derrickson mantiene un invidiabile equilibrio: da un lato quella sobrietà da cui il suo protagonista sfugge in continuazione, dall'altro una radicalità che si manifesta nell'audacia visiva - lo sconvolgimento di spazio e tempo che guarda a Inception e alle visioni più estreme di Escher - e nella gestione dei picchi emotivi della vicenda (la quasi-morte di Strange, la minaccia letale e improvvisa che si abbatte sui tre santuari), aiutata dal background di regista horror di Derrickson. L'ingrediente speciale è ancora una volta l'autoironia, quella che aiuta a riportare sulla terra una vicenda sottoposta a continue sollecitazioni centrifughe: le gag sono spassose e capitalizzano il giusto sullo standard affermatosi dopo il successo dei Guardiani della galassia. Merito anche di un cast che rappresenta l'effetto speciale aggiunto. Benedict Cumberbatch si adatta alla perfezione ai panni egocentrici e megalomani di Strange, superato solo dall'ineffabile Tilda Swinton, in un ruolo ideale per le sue caratteristiche di alterità e irriducibilità a connotazioni di genere o età. L'universo di Strange è dominato da un'entropia fuori dal Tempo, contro la quale la Terra e i suoi protettori "spirituali" combattono strenuamente. Con delle leggi da tutelare, ma occasionalmente da infrangere. Strange, preda della paura di fallire e dell'egoismo, impara a sue spese la lezione e sceglie di rinunciare alle gioie della vita terrena per difendere un bene più grande. Non è dato sapere il perché cambi idea sulla propria natura, ma a giovarne, oltre alla razza umana nella finzione, è la stessa Marvel nel mondo reale. 
Genere Avventura Durata 130
Regista Scott Derrickson
Attori Benedict Cumberbatch, Chiwetel Ejiofor, Mads Mikkelsen, Rachel McAdams, Tilda Swinton. Michael Stuhlbarg, Scott Adkins, Amy Landecker, Tony Paul West, Pezhmaan Alinia
Paese USA Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=63195
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 Go With Me  Blackway
poster In un paese in cui nessuno sembra intenzionato a ergersi contro Blackway, "l'uomo più pericoloso in zona", un terzetto di outsider decide di partire alla vendetta. Una donna con le spalle al muro, terrorizzata dalle minacce e dallo stalking di Blackway, tocca il fondo quando questo criminale ex vice sceriffo le decapita il gatto ma si scontra contro il muro di gomma della polizia che non intende agire e le suggerisce anzi di essere lei ad andarsene. Anche il consiglio dei saggi del paese riuniti in una terribile segheria sembra non volerla aiutare, nessuno tranne un vecchio, dotato di sue motivazioni, e un ragazzo scemo che si accompagna a lui. Contro i consigli pavidi di tutti e le minacce velate della comunità indiana di questo paese di provincia sul confine tra Stati Uniti e Canada, i tre dovranno trovare Blackway, il temuto e pericoloso mafioso, killer e maniaco, farlo ragionare (improbabile) o farlo fuori (molto più probabile). Quello che Daniel Alfredson realizza con il suo primo film americano dopo aver terminato la trilogia (svedese) di Millennium al cinema e poi in tv, è a tutti gli effetti un western sommesso, un film ambientato oggi che riprende in pieno l'etica e la morale secca delle opere di Budd Boetticher. Due uomini e una donna la cui caratteristica fondamentale è la dirittura morale che decidono di mantenere un principio e di mettersi dalla parte giusta (alcuni per la prima volta in vita loro), di fronte ad una missione e ad una minaccia della quale nessun altro vuole saperne. C'è in buona sostanza quel connubio tra indifferenza della collettività e presa di coscienza di un pugno di individui a fare da base per questo film rapido e secco, che non ha preliminari nè code ma è concentrato nella missione dei tre. Come nei migliori western non intellettuali ci sono poche parole e molti fatti ed è il muoversi in una terra di nessuno che pare non appartenere agli uomini ed essergli indifferente che fornisce il giusto quantitativo di epica autunnale. Inoltre è proprio la presenza di una donna che non ha tratti mascolini ma una determinazione femminile unita alla fibra morale necessaria a non abbassare la testa ed è proprio la sensanzione che la violenza sia necessaria perchè apparteniene più ai luoghi che agli uomini che la abitano, a connotare Go with me come un piccolo gioiello. Nell'understatement con cui Alfredson dirige questa pellicola, in grado di contagiare anche un gigione come Anthony Hopkins, c'è la misura della grandezza di questa piccola storia di resistenza umana alla meschinità di un mondo fotografato solo con toni di blu, grigio e traboccante di pioggia, neve e fango. 
Genere Thriller Durata 90
Regista Daniel Alfredson
Attori Anthony Hopkins, Julia Stiles, Ray Liotta, Alexander Ludwig, Lochlyn Munro. Hal Holbrook, Steve Bacic, Aleks Paunovic, Chris Gauthier, Aaron Pearl, Audrey Smallman, Glenn Beck
Paese USA, Canada, Svezia Anno 2015
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=84879
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 Kubo e la spada magica  Kubo and the Two Strings
poster Questo film è disponibile in versione digitale, scopri il miglior prezzo: TROVASTREAMING Kubo è un cantastorie. Di giorno al villaggio suona e canta le gesta di storie senza un finale, animate davanti al suo pubblico di strada tramite origami; di notte invece si nasconde da un nemico occulto che lo cerca per privarlo dell'unico occhio che gli rimane (l'altro è bendato): il nonno. Ultimo di una famiglia legata alla magia, vive con una madre che sembra aver perso ogni forza per lottare e che, quando il nonno li troverà, scompare nel tentativo di far scappare il figlio. Inizia così il viaggio di Kubo, assieme a uno scarafaggio gigante e una scimmia, alla ricerca di un elmo, un'armatura e una spada che insieme gli consentiranno di sconfiggere l'ingombrante nonno. Mascherata, tradotta, celata e messa in forma di allegoria, c'è una storia di formazione e di abbandono del nido familiare dietro Kubo e La Spada Magica. E quanto più questo cartone animato in stop motion aggiunge strati che impediscano di scorgere davvero la sua natura, tanto più sembra caricarsi di un senso romantico e perduto. Più cioè si allontana dalla propria essenza (un ragazzo diventa un uomo emancipandosi dalla propria famiglia), più riesce a raccontare questo passaggio condendolo con un'epica presa direttamente dall'intimità inconfessabile di ognuno. Alla ricerca dei tre elementi che lo libereranno dalla persecuzione del retaggio del nonno, Kubo perde e ritrova i suoi genitori, affronta il peso delle proprie radici e ne esce talmente vincitore da non aver bisogno di annientare il nemico, ma da potersi permettere di inglobarlo, creando un rapporto sereno con il proprio passato. La Laika, studio di animazione in stop motion responsabile di piccole gemme come ParaNorman ma anche di capolavori assoluti come Coraline, si diverte a giocare con la propria plastilina mettendo in mano al protagonista gli origami (veri antenati di questa tecnica di animazione) in foggia di strumento di combattimento e racconto, materia plasmabile che prende vita come avviene con la stessa stop motion. Nonostante piccole creature che fanno da aiutanti silenziosi, debitori della tradizione Disney, Kubo e la Spada Magica non deve nulla a nessuno. L'ambientazione giapponese non implica una ricerca dello stile nipponico, né per questo ricalca la struttura dell'animazione statunitense. Fiero della propria identità questo film procede in autonomia. Questo però implica una certa stanchezza e una difficoltà evidente nel gestire le magniloquenti scene d'azione. Kubo e la Spada Magica, nonostante vanti una storia d'avventura, non ha anche la capacità di dargli l'afflato mostrato nel resto del film. Piatto e ripetitivo, sembra disprezzare gli scontri e il movimento rapido per preferirgli la costruzione delle scene dialogate o le più inventive sequenze di racconto. Anche la grande metafora del cantastorie senza un finale che cerca una chiusa alla propria storia, gira più intorno al suo essere narrata che al suo diventare atto. Purtroppo non è poco per un film che fonda su una lotta contro una serie ben determinata di nemici la propria allegoria della guerra per affermare se stesso. 
Genere Animazione Durata 101
Regista Travis Knight
Attori Charlize Theron, Art Parkinson, Ralph Fiennes, George Takei, Cary-Hiroyuki Tagawa. Brenda Vaccaro, Rooney Mara, Matthew McConaughey, Minae Noji, Ranjani Brow, Michael Sun Lee, Laura Miro, Saemi Nakamura, Ken Takemoto, Alpha Takahashi, Aaron Aoki
Paese USA Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=84402
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 Mechanic: Resurrection  Mechanic: Resurrection
poster Arthur Bishop, uno dei sicari più esperti nell'uccidere facendo sembrare le morti accidentali, ha deciso di mettersi a riposo. Benché abbia rifiutato una richiesta di ingaggio, viene costretto ad accettare nel momento in cui la donna di cui si è innamorato viene sequestrata. Dovrà compiere tre omicidi se vuole sperare di rivederla viva. Dopo il remake, che ha avuto un buon ritorno in termini di box office, poteva mancare il sequel con al centro il killer dalle strategie tanto complesse quanto infallibili? Ovviamente no. Anzi lo sceneggiatore Phillip Shelby ha visto aprirsi dinanzi a sé più vasti orizzonti. "E' stata un'opportunità per portare Bishop su un palcoscenico internazionale e per fargli compiere azioni molto più pericolose e insolite in situazioni di gran lunga più interessanti" ha dichiarato. Non è precisamente quello che risulta dalla visione del film. Perché il lavoro a livello psicologico che caratterizzava il rapporto tra i due protagonisti in Professione assassino viene del tutto a mancare in questa occasione. Dopo una sequenza iniziale che fa pensare a una scelta ancor più marcata verso lo stile 'mission impossible', ci si adagia su una spiaggia esotica per quasi mezzora al fine di far nascere la storia d'amore tra Statham e Alba. Una volta definito lo scenario romantico si entra in azione e qui l'internazionalizzazione si traduce nel dover compiere i tre omicidi in scenari geograficamente diversi. Le scene di sparatorie abbondano anche se continua a non mancare una discreta creatività negli scontri. Il film si salva però dalla ripetitività di genere grazie a un'apparizione. La sua vera 'resurrection' è costituita infatti dall'entrata in scena di un Tommy Lee Jones, trafficante d'armi in pigiama, che offre finalmente il giusto contraltare a Jason Statham. Il suo ghigno feroce, le battute fredde anche nel momento del pericolo gli permettono di costruire un vilain che potrebbe trovare la sua giusta collocazione nel prossimo film di 007. 
Genere Azione Durata 98
Regista Dennis Gansel
Attori Jason Statham, Jessica Alba, Tommy Lee Jones, Michelle Yeoh, Natalie Burn. Sam Hazeldine, Yayaying Rhatha Phongam, Raicho Vasilev, John Cenatiempo
Paese Tailandia Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=89583
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 Morgan  Morgan
poster Questo film è disponibile in versione digitale, scopri il miglior prezzo: TROVASTREAMING La dottoressa Kathy Grieff, dopo averle detto di non essere riuscita a convincerli a farla uscire, viene aggredita da Morgan, una ragazza rinchiusa in una camera di sicurezza: solo l'intervento di altri medici interrompe l'assalto. L'esperta in valutazione dei rischi Lee Weathers è incaricata dalla società proprietaria dello stabilimento dove è rinchiusa Morgan di recarsi in loco e valutare la situazione. Morgan, infatti, è stata creata artificialmente a partire da DNA sintetico e sta crescendo rapidamente: ha cinque anni eppure è già grande. Solo che sta anche sviluppando emozioni. Giunta sul posto, Lee esamina un filmato dell'aggressione. Morgan è seguita da sempre da Amy Menser, una specialista che si occupa del suo comportamento. Altri componenti del team di ricerca sono il dottor Simon Ziegler e il nutrizionista Skip Vronsky: compito di Lee è verificare che tutto sia stato svolto come da programma e che nessuno abbia commesso errori. Naturalmente, Lee parla anche con Kathy, in cura dopo l'aggressione. Kathy si sente in colpa, pensa di aver provocato Morgan, senza volerlo. Lee, fredda e professionale, non apprezza che una "cosa" come Morgan venga così personalizzata. Ziegler spiega a Lee che Morgan è stata creata dopo vari fallimenti: è convinto che anche quel terribile incidente possa insegnare qualcosa per far proseguire il progetto nella giusta direzione. Lee incontra anche Morgan che esprime dispiacere per aver ferito Kathy. Il giro d'orizzonte di Lee comprende anche la dottoressa Lui Cheng, parte importante del progetto. Mentre Lee cerca di capire cosa è giusto fare, l'intreccio delle personalità attorno a Morgan si fa più inquieto. Non senza conseguenze. Da Frankenstein in poi la creazione artificiale della vita è spesso stata al centro dell'horror (o del fantahorror, come in questo caso). E anche senza scomodare Frankenstein (che però resta all'origine, in modo indiscusso), il tema richiama da vicino esempi recenti (Splice di Vincenzo Natali) o più remoti (Embryo di Ralph Nelson), dai quali il film riprende diversi spunti. Cruciale è sempre stata l'inconsapevolezza del "mostro" o, più ancora, la sua "innocenza" rispetto alla venuta al mondo, in una riflessione sull'essenza della natura umana e sulla sua replicabilità artificiale. Il lungo colloquio tra lo psicologo interpretato da Paul Giamatti e Morgan che si colloca nella fase centrale del film mette in evidenza questi aspetti, ponendo a confronto la fragilità ferita e letale di Morgan con il sin troppo umano senso di superiorità e di manipolazione dello psicologo. Le questioni filosofiche alla base del film sono presentate con accuratezza, ma, al momento del redde rationem drammatico tendono a scolorire di fronte al susseguirsi degli eventi e alle diverse motivazioni dei personaggi, che dipendono non tanto da ragionamenti quanto dalla loro psicologia. In fondo, quindi, dalla loro maggiore o minore "umanità". Ed è proprio quella stessa "umanità", in qualche modo scivolata dentro Morgan, a renderla così pericolosa. Dopo i primi due terzi di preparazione, nell'ultimo terzo il film passa quindi all'azione disperdendo un po' l'atmosfera plumbea e opprimente attentamente edificata (e gli interrogativi morali sollevati) per mettere in scena lotte e inseguimenti ben realizzati, che conducono peraltro a un efficace colpo di scena finale. Convincente esordio alla regia per Luke Scott, figlio di Ridley: non batte strade nuove e non fornisce variazioni innovative, ma affronta l'argomento con solide capacità narrative e buon occhio per soluzioni visuali suggestive (il finale nella foresta ne è valido esempio). In un cast apprezzabile si rivede con piacere la mitica Michelle Yeoh di tanti film di arti marziali (e non solo). In piccoli ruoli anche Jennifer Jason Leigh e Brian Cox (il primo Hannibal Lecter cinematografico). Anya Taylor-Joy, recente ottima protagonista di The Witch, replica la convincente prova con un ritratto sensibile e sfaccettato di un essere predestinato alla sofferenza. Da segnalare la musica pervasiva e suggestiva di Mark Patten, che contribuisce a generare un'atmosfera sospesa e inquietante. 
Genere Horror Durata 92
Regista Luke Scott
Attori Kate Mara, Anya Taylor-Joy, Toby Jones, Rose Leslie, Boyd Holbrook. Michelle Yeoh, Jennifer Jason Leigh, Paul Giamatti, Sam Spruell, Chris Sullivan, Jonathan Aris, Vinette Robinson, Charlotte Asprey, Conor Mullen, Michael Yare, Frank Cannon, Bobby Marno
Paese USA Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=85211
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 Natale a Londra - Dio salvi la Regina  Natale a Londra - Dio salvi la Regina
poster I romani Erminio e Prisco sono i figli di un boss detto Er Duca, al momento nei guai con Equitalia. Per aiutare il padre a saldare il suo debito Erminio, definito da tutti un idiota totale, decide di mettere in vendita il ristorante che Er Duca possiede a Londra e chiede l'aiuto del fratello Prisco, che però ha abbandonato da tempo il business di famiglia per diventare un integerrimo boy scout. Erminio riesce a convincere Prisco e insieme si recano a Londra, dove scoprono che il ristorante deve un milione a uno strozzino soprannominato Robocop. È a questo punto che Prisco, ritrovato l'antico spirito imbroglione, decide di formare una banda e architettare una truffa da un milione e mezzo. La composizione della banda segue le esigenze di marketing del cinepanettone De Laurentiis, e dunque vengono reclutati, come in una barzelletta anni Settanta, un fiorentino, una emiliana, un barese, due siciliani, e due napoletani che non sanno nemmeno di fare parte del complotto. In questo modo, si suppone, ogni membro del cast porterà il suo pubblico per aree geografiche (manca solo il nord, chissà perché). Firmato da sei diversi sceneggiatori - Volfango De Biasi, che dirige, Alessandro Bencivenni, Tiziana Martini, Gianluca Ansanelli, Marco Bonini e Paola Tiziana Cruciani - Natale a Londra vede però proprio nel copione il suo tallone d'Achille: una storia puerile e improbabile in cui le gag sono quasi tutte merito individuale degli interpreti. È infatti solo grazie a Lillo e Greg, nonché all'impareggiabile Nino Frassica e a Monica Lima del duo Arteteca, con quei tempi comici che sarebbero piaciuti ad Eduardo, che il film si solleva (un pochino) dalla mediocrità assoluta. Per il resto è tutto un product placement e un incedere improbabile e fracassone, con una scazzottata finale che dura molto più del dovuto e una lunghezza filmica molto superiore alle possibilità (anche comiche) della storia. Peccato perché la pepita d'oro era visibilmente contenuta nella trama, ed era la doppia personalità di Prisco: magistrale la scena davanti allo specchio in cui Greg vede lottare per la supremazia la parte onesta e naif di sé con quella più scafata e criminale. Le mille ovvietà su Londra illuminata a festa e sugli inglesi come popolo ingessato e insopportabile completano il quadro: la battuta più riuscita, pur nella sua grevità, riguarda proprio la Brexit. De Biasi, il cui Natale col boss era un gioiellino anche di scrittura, non trova qui il giusto equilibrio fra commedia, film d'azione e mafia movie e cerca di far coesistere troppi personaggi e troppe linee narrative, senza raggiungere mai l'alchimia necessaria a creare l'effetto comico valanga. 
Genere Commedia Durata 90
Regista Volfango De Biasi
Attori Pasquale Petrolo, Claudio Gregori, Paolo Ruffini, Nino Frassica, Eleonora Giovanardi. Monica Lima, Enzo Iuppariello, Ninetto Davoli, Uccio De Santis, Enrico Guarneri
Paese Italia Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=90058
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 Quel bravo ragazzo  Quel bravo ragazzo
poster Leone è un trentacinquenne ingenuo e romantico cresciuto nell'orfanotrofio di un paesino del sud e dedito all'attività di chierichetto. Ma un giorno il padre che Leone non sapeva di avere lo convoca accanto a se sul letto di morte e gli consegna in eredità tutti i suoi averi e la direzione delle sue attività. Peccato che Don Fedinando di professione faccia il boss mafioso e che il primo incarico di Leone come suo successore sarà partecipare a una riunione per eleggere il nuovo capo di tutti i capi. I due tirapiedi di Don Ferdinando, Vito e Salvo, e il consigliori Enrico dovranno trasformare lo "scoppiato scimunito" in un capo credibile in tempo per il grande evento, mentre la bella poliziotta Sonia cercherà di sgominare le cosche facendo leva sull'ingenuità di Leone. Come Johnny Stecchino e Terapia e pallottole, Quel bravo ragazzo usa la mafia a scopo farsesco. Enrico Lando, già regista de I soliti idioti, fa giustamente leva sulla dolcezza naturale di Luigi Luciano, in arte Herbert Ballerina, per fare di Leone un Candide contemporaneo la cui naivete smonta le cattive intenzioni e smantella le diffidenze di chiunque gli capita a tiro. Ma Ballerina è uno store di commedia, non un comico puro, e ha dunque bisogno di una sceneggiatura molto ben costruita per mettere a frutto le sue doti di interprete. Purtroppo invece il copione (non a caso scritto a cinque mani) è il tallone d'Achille di Quel bravo ragazzo: esile, povero di eventi e di colpi di scena ed eccessivamente infantile, andrebbe bene come film per ragazzi delle scuole medie, non per un pubblico adulto abituato (anche dallo stesso Enrico Lando) a ritmi comici ben più serrati. Peccato, perché la storia e l'interpretazione di Ballerina hanno un piacevole gusto retrò da commedia anni '80, di quelle firmate da Nuti e dal primo Pieraccioni. Quel che funziona, e bene, è il cast di caratteristi che circondano il protagonista: Enrico Lo Verso in un insolito ruolo comico, Ninni Bruschetta nei panni del consigliori, un irresistibile Luigi Maria Burruano come Don Fedinando e soprattutto un fenomenale Tony Sperandeo che volge a effetto esilarante le sue tante interpretazioni del malavitoso sanguinario. Anche i consueti sodali di Ballerina Maccio Capatonda e Ivo Avido si ritagliano un paio di cameo divertenti: Maccio è un prete duro e puro, e Ivo un vigile rancoroso. Ma il risultato complessivo è quello di un gruppo di ottimi interpreti costretti a sostituirsi a una sceneggiatura che non ne sostiene il talento. 
Genere Commedia Durata 90
Regista Enrico Lando
Attori Luigi Luciano, Tony Sperandeo, Enrico Lo Verso, Ninni Bruschetta, Daniela Virgilio. Mario Pupella, Marcello Macchia, Beniamino Marcone, Ernesto Mahieux, Giampaolo Morelli, Luigi Maria Burruano, Jordi Mollà, Enrico Venti
Paese Italia Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=87739
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 Sherlock - L'abominevole sposa  Sherlock
poster Londra, 1881. In una dimensione apparentemente parallela a quella dello Sherlock del 2014, John Watson e Sherlock Holmes si conoscono e iniziano la loro collaborazione sul caso dell'Abominevole Sposa. Per Scotland Yard è un mistero senza soluzione, contornato di paure soprannaturali; per Sherlock un delitto assai concreto e reale, frutto di un'astuta messinscena. Ma cosa c'entra tutto ciò con l'annunciato ritorno dalla morte dell'arcinemico Moriarty nel 2014? Quando una serie è in difficoltà, ed è certamente il caso di Sherlock, giunta con qualche intoppo alla fine della sua terza stagione, una soluzione possibile è quella di negare il suo stesso assunto di base. E di lasciarsi andare alle delizie di un reboot o, meglio ancora, all'apparenza dello stesso. Steven Moffat e Mark Gatiss, i geniali scrittori di una delle più popolari serie della storia recente della BBC, concentrano i loro sforzi in 90 minuti destinati a saziare le aspettative dei fan, a intrattenere e al contempo a non dire nulla di significativo per gli sviluppi della serie stessa. Portare a casa un successo in condizioni simili è compito meno agevole del previsto, pur contando sulla presenza di Benedict Cumberbatch e Martin Freeman. D'altronde, eliminato quel che è impossibile, resta - per quanto poco probabile - la soluzione, direbbe Sherlock. E considerato che lo Sherlock di Cumberbatch è l'anti-eroe per eccellenza, destinato a giocare con una tradizione ingombrante, adattandola alla contemporaneità e modellandola con la giusta dose di ironia, riportare tutto indietro significa automaticamente rinunciare a tutto ciò. Addio messaggi sms visualizzati sullo schermo - all'epoca un elemento di innovazione non trascurabile - benvenuto alla classicità del whodunit. Non appena il 221B di Baker Street ritorna quello cristallizzato nell'immaginario collettivo e Holmes indossa il tradizionale copricapo, riecco il personaggio di Conan Doyle in ogni sua sfumatura, alle prese con un classico caso di ghost story per creduloni da smascherare. Ma nel perfetto impianto di ricostruzione di Moffat e Gatiss - quasi una dimostrazione che i due potrebbero scrivere uno spin-off sullo Sherlock tradizionale in un amen - emerge qualche elemento di apparente anacronismo, qualche minuscola e calcolatissima crepa, che apre al più inatteso, ma narrativamente prevedibile, dei colpi di scena. Dopo novanta minuti di ritmo forsennato, dialoghi impagabili e contorsioni cerebrali, si resta - ma lo si sapeva già da principio - a mani vuote da un punto di vista di continuity seriale. Ma lo scopo de L'abominevole sposa non era questo, era da un lato l'esercizio di smontaggio e ricomposizione di un meccanismo ben congegnato, alla stregua di un cubo di Rubik (o di un enigma di Holmes) e dall'altro una pausa di intrattenimento per giocare con i temi che da sempre accompagnano il personaggio, osservandoli da un'altra angolazione. Con un elemento di indubbia innovazione nell'esplicito accento posto sulla questione gender: mai come ne L'abominevole sposa i dialoghi tra Holmes e Watson o le comparsate di Moriarty affrontano di petto l'ambiguità insita nelle loro relazioni bromance e nella particolare misoginia di Holmes. E mai come qui il femminino, pur con i limiti del caso, ha la sua occasione di riscatto in "una guerra che [gli uomini] devono perdere". A parte qualche doverosa concessione al cosiddetto fan service, a vantaggio di spettatori destinati a un'attesa ancora lunga prima della quarta stagione dello show, era difficile chiedere più di questo ai creatori di Sherlock. Ora l'impresa sarà abituarsi a non rivedere Cumberbatch e Freeman negli immortali panni vittoriani di Holmes e Watson: un effetto collaterale tutt'altro che sgradito e ampiamente previsto. 
Genere Thriller Durata 90
Regista Douglas Mackinnon
Attori Benedict Cumberbatch, Martin Freeman, Amanda Abbington, Rupert Graves, Louise Brealey. Natasha O'Keeffe, Una Stubbs
Paese Gran Bretagna Anno 2015
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=88335
10 / 
 Sully  Sully
poster Il 15 gennaio 2009 un aereo della US Airways decolla dall'aeroporto di LaGuardia con 155 persone a bordo. L'airbus è pilotato da Chesley Sullenberger, ex pilota dell'Air Force che ha accumulato esperienza e macinato ore di volo. Due minuti dopo il decollo uno stormo di oche colpisce l'aereo e compromette irrimediabilmente i due motori. Sully, diminutivo affettivo, ha poco tempo per decidere e trovare una soluzione. Impossibile raggiungere il primo aeroporto utile, impossibile tornare indietro. Il capitano segue l'istinto e tenta un ammarraggio nell'Hudson. L'impresa riesce, equipaggio e passeggeri sono salvi. Eroe per l'opinione pubblica, tuttavia Sully deve rispondere dell'ammaraggio davanti al National Transportation Safety Board. Oggetto di un'attenzione mediatica morbosa, rischia posto e pensione. Tra udienze federali e confronti sindacali, stress post-traumatico e conversazioni coniugali, accuse e miracoli, Sully cerca un nuovo equilibrio privato e professionale. Che cos'hanno in comune gli eroi di Clint Eastwood? Sono quasi sempre personaggi destabilizzati dal destino, da un crimine, da un'ingiustizia, dalla marginalità. Tutti, ciascuno a suo modo, sono alla ricerca dell'unità perduta. Non si tratta di una semplice risorsa narrativa, destinata a suscitare l'adesione del pubblico, per l'autore americano quella ricerca riflette l'esplorazione filosofica e artistica del suo cinema, producendo una felice coincidenza tra forma e contenuto. Quello che innerva la sua filmografia e gli conferisce una rimarchevole coerenza è il raggiungimento, la restaurazione e la formalizzazione estetica di una nozione sostanziale per l'uomo: l'equilibrio. Abilmente dissimulata sotto la vernice della narrazione, la ricerca del giusto mezzo si manifesta essenzialmente nella relazione che l'individuo intrattiene con la società e le istituzioni, l'insieme delle strutture politiche, giuridiche ed etiche che la cultura ha imposto alla natura. Sully, ritratto di un eroe della working class 'processato' da una gerarchia senza cuore e troppi cavilli, corrisponde alla perfezione questa relazione che Eastwood affronta sempre in maniera risolutamente conflittuale. Tom Hanks, everyman umanista del cinema classico, incarna in faccia alla commissione d'inchiesta, obbligatoria in caso di incidenti, il fattore umano, la scintilla dell'esperienza, l'essenza nobile del lavoro fatto semplicemente come dovrebbe essere fatto. Non per denaro, non per gloria, non per vanità, non per approvazione. Eroe ordinario alle prese con la realtà della sua situazione, Sully è fedele al giuramento prestato e alle conoscenze acquisite con la sua professione. Girato con la tecnologia Imax, che offre allo spettatore un'immersione piena nell'azione, accomodandolo nella cabina di pilotaggio a 'vivere' letteralmente l'esplosione dei motori, il silenzio che segue e le turbolenze dell'aereo che plana sul fiume, Sully resta nondimeno un film intimo, svolto nella testa del suo protagonista. Quello che ha fatto 'in emergenza' è inseparabile da quello che immagina, sente, conosce. Eastwood ricostruisce con lucidità l'esperienza e le attitudini del suo eroe, l'esordio giovanile, gli anni nella Air Force, perché è su quella pratica e su quella competenza che Sully decide di prendere la via del fiume. Lo sguardo dell'autore e l'interpretazione dell'attore trovano in Sully intimi cedimenti, confrontando il capitano eroico che ha gestito in volo crisi e destino con l'uomo a terra a disagio nel ruolo di eroe e in conflitto con quello che avrebbe potuto essere. Ammarando, il film emerge i flussi di coscienza del suo protagonista, interrompendo coi sogni angosciosi la linearità della rotta, scivolando nel passato per mettere l'incidente in prospettiva con la vita di Chesley Sullenberger. Con Sully e dopo Flags of Our Fathers e American Sniper, il regista interroga di nuovo la nozione ambivalente di eroismo che è al cuore dell'immaginario americano. Ma se il primo procede alla destrutturazione dell'eroicità e il secondo contraddice la missione del 'primo violino' dell'esercito americano in Iraq, Sully riconfigura l'eroe. Eastwood ne distilla l'essenza andando oltre la sua rappresentazione mediatica e riabilitandone la natura tragica attraverso la paura incombente della morte. Con quella paura il protagonista fa i conti dal principio, il film si apre su un aereo che scivola lungo lo skyline di New York e si schianta contro il paesaggio urbano deflagrandolo. Prima di distinguere l'oggettività della vicenda, l'aereo di Sully è realmente ammarato, Eastwood mostra allo spettatore la visione ipotetica, l'enunciato condizionale, l'incubo di Sally, l'incognita mortale connessa con l'atterraggio. Come Zemeckis (The Walk) prima di lui, recupera la gravità dell'iconografia storica US, l'immagine depositata nella coscienza collettiva e la compensa, risvegliando Sully dall'incubo e suturando le ferite di New York. Al rigore geometrico dell'uomo che cade, fotografato da Richard Drew e allineato alla verticalità della Torre Nord, Sully replica la geometria orizzontale e variabile delle ali di un airbus che galleggiano e sorreggono la vita. Quella che Sully ha garantito con un gesto solerte, abile, puro. Eppure una sorta di inerzia scorata, prodotta da una società che ha estinto l'afflato leggendario dietro a regole, protocolli, simulazioni e statistiche, prova a trascinarlo sul fondo. Certo il National Transportation Safety Board pone domande legittime e cerca la risposta giusta (ne esiste una?) ma il processo è viziato da un'accusa tacita, uno scetticismo tenace, un'idea di colpevolezza poi smentita dai fatti. Sully ha preso una decisione, probabilmente l'unica possibile. Ed è quella decisione a determinare la misura del suo eroismo, il carico di responsabilità che il protagonista ha condiviso con l'equipaggio, il co-pilota, i controllori di volo, gli agenti di polizia, i soccorritori. Insieme hanno realizzato il "miracolo dell'Hudson", ribadendo la natura etica del lavoro (di ogni lavoro) e provando l'inscindibilità ineluttabile dei destini umani. In aula e in fondo al film, Clint Eastwood rimette in quota il suo eroe e trasmette la medaglia da veterano ai soli eroi che la valgono: non più quelli che sparano ma quelli che si espongono. Non più quelli che scaricano coi colpi la responsabilità ma quelli che l'assumono mani alla cloche. 
Genere Biografico Durata 95
Regista Clint Eastwood
Attori Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney, Anna Gunn, Autumn Reeser. Sam Huntington, Jerry Ferrara, Holt McCallany, Lynn Marocola, Chris Bauer, Max Adler, Valerie Mahaffey, Denise Scilabra, Inder Kumar, Tracee Chimo
Paese USA Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=86284
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 Un Natale al Sud  Un Natale al Sud
poster Peppino, un carabiniere del nord, e Ambrogio, un ex impiegato del sud con velleità di cantante neomelodico, sono sposati rispettivamente con la lombarda Bianca e la partenopea Celeste. Ognuna delle coppie ha un figlio: Riccardo e Simone, entrambi youtuber, entrambi fidanzati solo virtualmente con due ragazze, Giulia e Ludovica, incontrate sull'app di dating Cupido 2.0, che fra le varie amenità offre ai single la possibilità di partecipare ad un ritrovo annuale in un lussuoso resort. Poiché i genitori ritengono necessario che i propri figli incontrino dal vivo le loro ragazze fanno in modo che i quattro giovani partecipino a quel raduno, e decidono di pedinarli in loco. Lì troveranno anche una blogger in cerca dell'uomo ideale e un influencer innamorato di se stesso, un autista romano a caccia di avventure e una performer di burlesque. La stessa squadra di Matrimonio al sud si ripropone in formazione (quasi) compatta: le due coppie Massimo Boldi-Debora Villa e Biagio Izzo-Barbara Tabita, gli scapoli Paolo Conticini ed Enzo Salvi, la giovane Fatima Trotta, e Paolo Costella questa volta non più alla regia (che è di Federico Marsicano) ma alla sceneggiatura (con Gianluca Bompressi). L'idea è quella di rendere questa commedia "moderna" parlando di chat, selfie e sms, e identificando alcuni personaggi come figure partorite dall'universo Internet, senza però dare loro alcuna connotazione specifica al ruolo, al di là della vanità e dell'egocentrismo. Purtroppo però la trama è ancora più superata di quella di Matrimonio al sud, tanto più che parte da simili premesse - le due coppie nord-sud, i figli da sorvegliare nei rapporti con l'altro sesso - e non è un caso che a farci la figura peggiore siano i personaggi più giovani, teoricamente i più "moderni", e invece ridotti a idioti generici senza alcuna personalità. La sensazione generale è quella di profondo imbarazzo, sia da parte degli interpreti, che avrebbero le capacità e i tempi comici per fare molto di più, sia da parte del pubblico che assiste ad una trama totalmente incoerente e improbabile, senza alcun riscontro reale o alcuna umanità riconoscibile. Le battute virano dal puerile allo scurrile, toccando tutte le tappe del politically incorrect senza averne la capacità trasgressiva e la forza comica. Ce n'è per tutti: donne basse (che "se le baci sanno di tappo") e sovrappeso, uomini pelati, neri servili, lesbiche siliconate e dandy gay, e tutti tentano di cornificare tutti, basando le proprie voglie esclusivamente sull'aspetto fisico della preda concupita (a meno che Cupido non ci metta lo zampino). Rispetto a Matrimonio al sud, anche le due mogli (e le due brave attrici Villa e Tabita) vengono confinate alla cifra grottesca e perdono credibilità, e tutti sguazzano in un oceano trash che, se fosse spinto verso una modernità autentica, forse funzionerebbe, ma diventa invece una palude stantia colma di non-battute (un esempio per tutti: "Chiama il 118!" "Ma non so il numero!"). 
Genere Commedia Durata 90
Regista Federico Marsicano
Attori Massimo Boldi, Biagio Izzo, Debora Villa, Barbara Tabita, Paolo Conticini. Enzo Salvi, Anna Tatangelo, Loredana De Nardis
Paese Italia Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=91115
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 Una vita da gatto  Nine Lives
poster Tom Brand è un magnate multimilionario animato da ambizioni gigantesche: l'ultima è la costruzione del grattacielo più alto di Manhattan, che deve a tutti i costi superare quello rivale di Chicago. Nel suo delirio di onnipotenza Tom non si accorge della dedizione, a lui e alla sua azienda, del figlio di primo letto David, né ha tempo per frequentare Rebecca, la ragazzina nata dal secondo matrimonio con la paziente Lara. Quando si accorge di aver dimenticato di comprare un regalo per l'undicesimo compleanno di Rebecca, Tom chiede alla figlia cosa voglia e lei sventuratamente risponde: "Un gatto". Nonostante odi i gatti, Tom per quieto vivere acconsente, ma appena acquistato il pelosissimo Mister Fuzzypants dall'enigmatico proprietario del negozio di animali Felix Perkind, il magnate ha un terribile incidente che getta il suo corpo in un coma profondo. Lo spiritaccio di Tom è però transitato all'interno di Mister Fuzzypants, il quale da quel momento non farà altro che cercare di farsi riconoscere da moglie e figli al di là delle sembianze feline. Prodotto dalla casa cinematografica francese EuropaCorp di Luc Besson, Una vita da gatto è uno strano ibrido cinematografico che mescola l'evidente ispirazione disneyana (alla Tutto accadde un venerdì o F.B.I. - Operazione gatto, per intenderci) per fare leva su almeno due ossessioni contemporanee: quella per i filmati internettiani che vedono protagonisti i gatti, citati nei titoli di testa, e quella di certi uomini per la lunghezza del pisello come unità di misura della loro virilità (lo slogan del nuovo grattacielo è "il mio è più alto"). Tenuto conto di questo si capisce perché Barry Sonnenfeld, il regista di ottimi film per famiglie come La famiglia Addams e Men in Black (nonché il produttore di un delizioso omaggio all'animazione Disney, Come d'incanto), abbia voluto Kevin Spacey nei panni del protagonista: l'ironia e sarcasmo dei quali l'attore riesce ad infondere qualsiasi sua interpretazione avrebbero dovuto essere l'asso nella manica per questa commedia con elementi di critica sociale. Purtroppo però Spacey è circondato da un cast di insopportabile melensaggine, a cominciare dalla moglie (Jennifer Garner) e la figlia (Malina Weissman) per proseguire con una serie di figure stereotipate che non rendono giustizia al fondo di (amara) verità che sottende le interpretazioni di Spacey (per quasi tutto il film in voce fuori campo: possiamo solo immaginare il suo timbro caratteristico dietro il pur valido doppiaggio italiano) e di Christopher Walken nei panni di Felix Perkind. Peccato perché le sequenze iniziali, con un lancio di paracadute da cartone animato, facevano sperare in un'esecuzione originale che facesse dell'artigianalità di mezzi la marcia in più del racconto. Così com'è, Una vita da gatto resta un gradevole film per famiglie che non sa spingere sull'acceleratore della comicità surreale promessa dalla produzione "autoriale" francese e dal talento di Sonnenfeld e Spacey. 
Genere Commedia Durata 87
Regista Barry Sonnenfeld
Attori Kevin Spacey, Jennifer Garner, Robbie Amell, Cheryl Hines, Mark Consuelos. Malina Weissman, Christopher Walken, Talitha Bateman, Teddy Sears, Nathaly Thibault, Serge Houde, Jay Patterson, Meghan Gabruch, Ellen David
Paese USA Anno 2016
Scheda e Trailer http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=84538

Nuovi Arrivi: Created on 3/14/2017

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